MO, Safran Foer sulla guerra: la catastrofe può portare cambiamenti
MondoIntervista allo scrittore e saggista americano in occasione del premio speciale Lattes Grinzane. "L'intelligenza artificiale? Giusto regolamentarla"
Le faccio subito una domanda sul livello base di felicità, come l’ha più volte chiamata lei. Come si fa a ritrovarla davanti alla notizia dei bambini uccisi in Medio Oriente?
A volte, e mi auguro che sia quello che sta succedendo oggi nel mondo, a volte la consapevolezza di una catastrofe imminente può portare al cambiamento. Alcuni problemi devono aggravarsi per poter essere risolti. È difficile pensare che la situazione in Ucraina possa ulteriormente peggiorare, così come in Medio Oriente. E lo stesso vale per il cambiamento climatico. E però proprio adesso, ora che ci avviciniamo all’oscurità, questo è anche il momento per poter vedere la luce. C’è bisogno che il mondo cambi in modo radicale con balzi in avanti, non solo a piccoli passi. E molti oggi si sentono pronti a trovare il coraggio per questo cambiamento. (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI SULLA GUERRA).
Si resta sgomenti davanti a tanta barbarie Che lettura dà di quello che sta succedendo?
Oggi sia Israele sia i palestinesi trasmettono immagini di bambini rapiti o tenuti in ostaggio, bambini che sono stati feriti o uccisi. Da entrambe le parti. E c’è una ragione: lo fanno perché ci ricordano che questo noi non lo vogliamo. Nessuno lo vuole. Non mi importa quale sia la fazione che si segue o la convinzione sulla questione mediorientale. Io sono ebreo e ho membri della mia famiglia che vivono in Israele e non sopporto di vedere un bambino palestinese che soffre. Mi spezza il cuore. Il ricordo di questa compassione non è una risposta ai problemi ma è l’inizio di una conversazione per riuscire a risolvere questi problemi. Quindi io penso che questa guerra, da entrambe le parti, spero spero spero che scuota le persone affinché si rendano conto che non possiamo accettarla. A prescindere dagli esiti della politica, non c’è un futuro in tutto questo. Non siamo esseri umani se accettiamo tutto questo. Ci devono essere cose di fronte alle quali diciamo di no. E vedere un bambino che soffre è qualcosa di fronte alla quale tutti noi dobbiamo dire di no. Forse, purtroppo, c’è bisogno di vedere queste immagini per ricordarci di questi valori fondamentali.
Sembra di aver fatto un passo indietro nel tempo. Ma com’è possibile? La tecnologia non ci aveva promesso un mondo di conoscenza, benessere e felicità per tutti?
Sinceramente io non credo che le persone che stanno dietro la rivoluzione tecnologica abbiano riflettuto sui problemi che avrebbero risolto o peggiorato all’umanità. Dovremmo sempre ricordarci di una cosa: le persone che innovano e che attraverso le loro rivoluzioni tecnologiche incidono così profondamente sulle nostre vite e che decidono come dobbiamo trascorrere il tempo e come dobbiamo comunicare e che perfino influiscono sui nostri governi, queste persone, che nel fare tutto ciò guadagnano miliardi di dollari, non necessariamente hanno interessi allineati con quelli dei destinatari dell’innovazione. Mi spiego. Il loro obiettivo non è regalarci delle belle vite ma dare a sé stessi delle belle vite.
Non possiamo però negare che, diciamo, allora, indirettamente, dei miglioramenti globali la tecnologia li abbia portati. E che continuerà a farlo.
Io non sto mica dicendo che i protagonisti dell’innovazione tecnologica siano cattive persone. Dobbiamo solo ricordarci che quello che cercano di venderci non è sempre positivo per noi. Basta farci un paio di domande. Uno smartphone dell’ultimo modello rende la mia vita migliore o peggiore di prima? I social rendono il discorso politico migliore o peggiore? La risposta è complessa, tante cose della tecnologia migliorano la nostra vita, è innegabile, ma saremmo sciocchi a non considerare che ci sono tanti aspetti della tecnologia che rendono la nostra vita più superficiale. Immaginiamo di essere sul letto di morte a ripensare alla nostra vita. Secondo lei ci pentiremmo di non aver dedicato più tempo a controllare le email o a guardare twitter? O piuttosto di non aver dato abbastanza attenzione alle persone a cui vogliamo più bene?
Lo stesso, allora, potremmo dirlo per l’intelligenza artificiale
Una delle cose che più fanno paura dell’intelligenza artificiale è che non sappiamo nemmeno di che cosa stiamo parlando. Questo perché la tecnologia sta evolvendo più rapidamente della conversazione sulla tecnologia e non riusciamo a tenere il passo. E poi anche per la premessa stessa alla base dell’intelligenza artificiale, e cioè che prima o poi finirà per essere superiore a quella umana, e quindi per definizione non saremo in grado di comprenderla veramente. Quello che però comprendiamo benissimo oggi è che a creare e potenziare l’intelligenza artificiale sono aziende delle aziende, non i governi. Insomma, non sono persone che abbiamo eletto ma aziende private che fanno a gara per controllare il mercato. E di conseguenza per prendere più soldi dai nostri portafogli e trasferirli nei loro. Anche qui: non significa che siano cattive. Ma nemmeno che sono brave. Quando qualcosa ha la capacità di riplasmare la realtà in modo così radicale, ponendo perfino un rischio esistenziale all’umanità, allora io credo che ci siano ottime ragioni per una regolamentazione di tutto il settore.
Chi dovrebbe stabilirle, queste regole?
Non possono certo essere le aziende che competono sul mercato a farlo. Loro rispondono ad altre logiche. Dovrebbe invece spettare a gruppi di lavoro formati da persone di estrazione diversa, formate e preparate in ambiti diversi. Penso a filosofi, politici, studiosi di etica. Come in tutte le cose della vita non esistono soluzioni semplici ai problemi complessi. Bisogna prendersi un momento per decifrare che cosa sta accadendo oggi. La cosa interessante è che perfino i leader della Silicon Valley, anche loro stanno suggerendo una maggiore regolamentazione per l’intelligenza artificiale e pensano che serva un momento di pausa. Capisce? La Silicon Valley. Se sono queste le persone che lo chiedono, abbiamo tutto il diritto di avere paura. Quando le persone che guadagneranno di più dall’intelligenza artificiale sono le stesse che ci dicono di prenderci un attimo, che dobbiamo rifletterci, beh, io credo proprio che dobbiamo ascoltarle.