Lo Stato Islamico ha confermato di essere responsabile dell'esplosione avvenuta ieri a Bajaur durante un raduno del partito Jui-F. Nell'attentato kamikaze sono morte 75 persone e altre 200 sono rimaste ferite
L'Isis ha rivendicato l'attentato suicida in Pakistan che ieri ha provocato 75 morti, tra cui 23 bambini, e oltre 200 feriti. A renderlo noto sono state fonti del gruppo islamico in una dichiarazione rilasciata all'agenzia Amag, braccio propagandistico degli jihadisti. "Un attentatore suicida dello Stato islamico ha fatto esplodere il suo giubbotto esplosivo in mezzo a una folla", si legge nella nota. L'esplosione è avvenuta durante un raduno del partito islamico Jamait Ulema-e-Islam Fazal (Jui-F), a Bajaur, nel nord-ovest tribale del Pakistan. A darne notizia era stata la polizia, secondo la quale al comizio, tenuto all'interno di un tendone, erano presenti circa 400 persone. "Si è trattato di un attentato suicida e il kamikaze si è fatto esplodere vicino al palco" aveva detto il ministro della sanità provinciale. Oggi, è arrivata la conferma: dietro l'attentato c'è la mano dell'organizzazione terroristica islamica.
La rivendicazione
Ancora prima della conferma, i sospetti convogliavano suIlo Stato islamico della provincia di Khorasan (Iskp), un'affiliazione dell'Isis che opera fra l'Afghanistan, dove è in guerra contro il governo dei Talebani, e nel nord-ovest del Pakistan, dove combatte lo stato e il governo e le forze che lo appoggiano. Fra queste, c'è anche il Jui-F, di Fazlur Rehman, accusato dai più integralisti di essersi compromesso con la 'politica' e di aver fatto alleanze pragmatiche con formazioni secolari, sia a destra che a sinistra. Jui-F vanta una capacità di mobilitazione come pochi altri partiti e gestisce una vasta rete di madrasse nel nord e nell'ovest del Pakistan. L'Isis, o Iskp, in Pakistan cerca anche di fare concorrenza ai talebani pachistani del Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp), che da un ventennio conduce una guerra senza quartiere contro i militari e le forze dell'ordine, soprattutto nelle aree tribali vicine all'Afghanistan.