Le forze armate ucraine, nella notte tra il 10 e l’11 luglio, hanno neutralizzato 26 su 28 droni utilizzati in un massiccio attacco russo. Gli altri due hanno causato danni a diversi edifici residenziali. Quest’arma di fabbricazione iraniana è nota come "drone suicida” e anche con il nome russo Geran-2. Pesano 200 kg e possono volare a 185 km/h
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Nella notte tra il 10 e l’11 luglio, la Russia è tornata ad utilizzare in un massiccio attacco contro l’Ucraina i droni di fabbricazione iraniana Shahed. L’Aeronautica militare ucraina ha spiegato che i russi hanno attaccato il Paese con droni Shahed-136/131: 26 su 28 sono stati distrutti. Le unità di difesa aerea hanno distrutto quasi tutti i bersagli nemici. I droni sarebbero stati lanciati da sud, molto probabilmente dal territorio russo di Krasnodar. Gli attacchi erano rivolti verso Kiev ma anche Odessa. Un edificio e 12 case private hanno riportato danni ma non ci sono feriti (GUERRA IN UCRAINA: LO SPECIALE - GLI AGGIORNAMENTI).
Cosa sono i droni kamikaze
Gli attacchi UAV, droni pilotati da remoto, sono stati compiuti con i cosiddetti HESA Shahed 136, una munizione circuitante nota come "drone suicida”. Vengono prodotti dall’azienda iraniana Shaded e costruiti dalla Iran Aircraft Manufacturing Industries Corporation (HESA), azienda che fa capo all'Iran Aviation Industries Organization (IAIO), controllata dal Ministero della difesa e delle forze armate iraniane. L’arma, progettata per colpire bersagli a terra fino a 2500 chilometri dal sito di lancio, è nota anche con il nome russo Geran-2. Si pensa che il primo utilizzo degli Shahed 136 sia avvenuto nella guerra civile in Yemen, nel 2015, in aree controllate dal movimento ribelle degli Huthi, supportati da Teheran. Ma l’impiego più massiccio è cominciato sul teatro del conflitto in Ucraina. Già nel settembre 2022, è stata rinvenuta la carcassa di uno di questi droni in territorio ucraino. Ma le intelligence internazionali pensano che già nei mesi precedenti Mosca li avesse impiegati. Lo stesso Iran aveva detto che "alcune grandi potenze" straniere li avevano acquistati da loro. La teoria più diffusa è che i droni usati dai russi siano una sorta di ibrido, che impiega tecnologie dello Shahed 136 ma implementate con unità di controllo di volo e chip più avanzati.
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Come sono fatti questi droni
Lo Shahed 136 presenta ali a delta. Il motore è nella fusoliera, mentre nella parte anteriore c’è la testata esplosiva. Si tratta di velivoli lunghi circa 3,5 metri, con apertura alare di circa 2,5 metri. Il peso si aggira sui 200 kg (di cui 40 sono di esplosivo). Raggiunge una velocità di 185 km/h e si avvale di coordinate GPS inserite prima del volo verso un punto fisso. Rapidità e bassa quota di volo rendono difficile l’intercettamento da parte delle difese. Inoltre la struttura di lancio permette il decollo di 5 droni in sequenza che possono quindi agire come uno “stormo”.
Il ruolo dell’Iran
Nonostante Teheran non abbia mai confermato ufficialmente di aver fornito tali droni alla Russia, questo è un fatto ormai dato per certo. Dai primi attacchi, il presidente ucraino Zelensky ha parlato di "collaborazione con il male" riferendosi a Iran e Mosca. Non a caso le relazioni diplomatiche tra Kiev e Teheran sono state ridotte al minimo in questi mesi. L’Unione Europea si era mossa imponendo sanzioni all’Iran per la fornitura di droni alla Russia. E anche gli Usa hanno fatto altrettanto nei confronti delle aziende coinvolte nella produzione.