Senegal, la crisi alimentare il prezzo pagato per la guerra

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Monica Napoli

Viaggio di Sky TG24 nel Paese che cerca di incrementare l'uso dei prodotti locali per divenire indipendente

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Kolda, Senegal: con un indice di povertà superiore al 68%, questa è una delle tre regioni più povere del Paese.

“Qui noi trasformiamo tutti i prodotti locali. Durante alcuni periodi c’è un’abbondanza di prodotti che restano lì a marcire, quando sono marciti non si possono più mangiare e quindi noi li trasformiamo in modo da poterli utilizzare. Sarebbe un peccato sprecarli dunque li recuperiamo per non buttarli e per conservarli. Li trasformiamo anche per aiutare la popolazione a mangiare sano” ci racconta Daria Balde. E’ nata e cresciuta qui, e qui è rimasta a vivere con il marito e i figli che la sostengono e aiutano in un progetto tanto ambizioso quanto importante: il suo negozio di alimentari con annesso laboratorio, dove recupera i prodotti che regala la sua terra e che senza il suo intervento resterebbero lì a marcire. Pastorizzare e creare nuove farine è diventata la sua occupazione e la sua passione; una passione che dà lavoro a più persone, una passione nata e cresciuta grazie a un corso di formazione del progetto Arsmais finanziato dall’agenzia italiana per la cooperazione e lo sviluppo e sviluppato da diverse organizzazioni, tra cui l’Arcs, Tamat e Amref, in diverse regioni del paese.

“Ogni anno su queste tematiche vengono finanziato oltre 15 milioni di euro divisi tra credito di aiuti e doni. I progetti si focalizzano sempre di più sul raggiungimento di risultati collettivi, concreti, misurabili” spiega Aldo Cera vice titolare della sede dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo di Dakar.

Dalla realtà più piccole alle più grandi. Come Batouly, azienda di trasformazione di prodotti locali nata a Thies nel 2016 in un garage grazie alla perseveranza di Mariama Deme. Ha iniziato da sola, ora ha 12 dipendenti. Con altri produttori si sta organizzando per la difesa dei prodotti locali.

“Per quanto riguarda le materie prime, stiamo sviluppando quella che si chiama la catena dei valori. Andare direttamente dal produttore, comprare e fissare così le materie prime del Senegal. Perché ora c’è la tendenza all’esportazione dei nostri prodotti. Quindi davvero abbiamo bisogno di organizzarci per mantenere la materia prima a livello locale” racconta Mariama Deme, impegnata con altri nella difesa delle materie prime locali.

Con i prezzi delle materie prime raddoppiati, in alcuni casi triplicati, gli effetti della guerra in Ucraina arrivano anche dove non si sentono bombe esplodere: ovvero nei Paesi più poveri che dipendono dalle importazioni di grano che arrivano da Russia e Ucraina.

E’ il caso del Senegal che dalle due nazioni in guerra importa il 55% del suo grano. La promozione dei prodotti locali, perciò, e la loro lavorazione è la strada da seguire per tamponare un’emergenza alimentare importante ma anche per creare nel paese un’economia che non dipenda, almeno non così tanto, dalle importazioni.

“Il Senegal ha messo tra le priorità nazionali la riduzione della dipendenza delle importazioni e il bilanciamento della bilancia commerciale e la preservazione della sicurezza alimentare. La guerra in ucraina, dunque, rappresenta una seria minaccia per la sicurezza alimentare” spiega ancora Cera.

Legumi, patate, cereali, frutta, verdura, sono tanti i prodotti che si coltivano in Senegal, coltivazioni quasi mai destinate alla popolazione locale che spesso non sa neanche come utilizzarli.

Così alle donne nei villaggi Daria spiega i valori nutrizionali degli alimenti e l’importanza di mangiare sano.

“Organizziamo campagne di sensibilizzazione a livello locale. Al momento come imprese sociali noi produciamo le farine arricchite, la farina arricchita è un insieme di più farine, prendiamo i diversi tipi di farina, li mescoliamo e in diversi casi li doniamo alle famiglie con bambini malnutriti”

Tomba Souane è un infermiere, responsabile dei progetti Amref. Da anni combatte la malnutrizione infantile e si batte per l’autosufficienza alimentare.

“La crisi mondiale ha avuto un impatto enorme sull’africa, in queste condizioni i paesi africani non possono sopravvivere. C’è bisogno di autosufficienza alimentare, c’è bisogno di tornare all’agricoltura per permettere alla popolazione di consumare i prodotti locali” ci spiega.

L’indipendenza alimentare è un’occasione non solo per le zone povere ma per l’intero paese; qui, al confine con la Guinea Bissau, è nelle scuole e nei villaggi che si agisce per educare ad una alimentazione sana, fatta di prodotti locali. Ed è il lavoro che portano avanti gli insegnanti e i volontari nelle scuole dei villaggi.

“Se anche un solo bambino assimila e trasmette, anche a casa, queste informazioni, quando dice al fratello minore o alla mamma “attenzione non mangiarlo, non è buono” allora abbiamo raggiunto il nostro obiettivo” ci spiega Abdoulaye Diao. Insegna da diversi anni nelle scuole del Paese, nei luoghi spesso dimenticati, si rivolge ai più giovani anche per parlare alle famiglie.

E’ così che il Senegal si pone come modello, e come perno. La sua stabilità è una spinta per tutto il sael.

“I paesi come Costa d’Avorio e Senegal sono fondamentali per il mantenimento della popolazione, per i beni e servizi. Eìimportante che in tutto il sale ci sia un’integrazione e un rafforzamento delle politiche dice Nadia Zangarelli, project manager di Tamat impegnata in questo momento in Mali.

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