
Serbia, truppe al confine con il Kosovo: Nato preoccupata. Cosa sta succedendo
Sale la tensione tra il governo di Pristina e Belgrado. Dal cambio delle targhe automobilistiche e delle carte d’identità ai militari dispiegati alla frontiera: cosa sappiamo sulla situazione nell’area balcanica

Cresce la tensione tra Kosovo e Serbia. L’1 novembre è entrata in vigore la nuova normativa sull'obbligo della reimmatricolazione delle auto con targa serba, che va sostituita con quella kosovara recante il simbolo RKS. Il provvedimento, strutturato in quattro tappe, prevede come termine ultimo e tassativo per il cambio di targa il 21 aprile prossimo, dopo il quale le auto con targa serba non potranno più circolare sul territorio del Kosovo
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Dall’1 novembre i controlli sono stati intensificati in particolare ai valichi di frontiera con la Serbia di Jarinje e Brnjak. Dal 21 novembre al 21 gennaio a chi non avrà ancora sostituito la targa sarà inflitta una multa di 150 euro, mentre dal 21 gennaio al 21 aprile i serbi potranno utilizzare targhe di prova. Fino alla fine di ottobre solo poche decine di serbi avevano accettato di reimmatricolare la propria auto, su un totale di circa 9 mila veicoli con targa serba in circolazione in Kosovo
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Ue e Usa stanno insistendo nel chiedere a Pristina un rinvio di dieci mesi nell'obbligo di sostituzione delle targhe, ritenuto peraltro legittimo. Intanto dal giorno dell’entrata in vigore della norma, in Serbia si sono alzati in volo aerei caccia MiG-29 dopo che alcuni droni avevano effettuato riprese su due caserme nella zona di sicurezza a ridosso della frontiera con il Kosovo. Poi Belgrado ha continuato a denunciare la presenza di droni spia sulla zona di sicurezza a ridosso della frontiera fra Serbia e Kosovo
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Il ministro della difesa kosovaro Armend Mehaj ha però smentito le affermazioni di Belgrado sui droni spia, affermando che tali velivoli non provenivano dal territorio del Kosovo. Si tratta, ha detto, "solo di un pretesto per accrescere la presenza di truppe serbe al confine con il Kosovo", e un modo per diffondere il panico tra la popolazione serba del Kosovo, aveva detto Mehaj

A suo avviso, il presidente serbo Aleksandar Vucic, con la storia dei droni, cercherebbe di destabilizzare la situazione dopo la decisione di Pristina sull'obbligo del cambio delle targhe automobilistiche serbe con quella kosovare. Il 2 novembre, le forze armate serbe avrebbero abbattuto uno dei droni spia. Al confine tra Serbia e Albania si rinforzano le difese

Il 3 novembre l'alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, ha incontrato il premier del Kosovo Albin Kurti. Secondo l'Ue, la decisione delle autorità di Pristina rappresenta "un passo nella giusta direzione", ma "non è in linea con gli accordi di dialogo, vincolanti per entrambe le parti". La "crisi delle targhe", che torna ciclicamente a riaccendere le tensioni tra Belgrado e Pristina, ha spinto la Nato nell'agosto scorso a rafforzare i pattugliamenti in Kosovo

In realtà il Kosovo, ex provincia serba a maggioranza albanese, ha dichiarato l'indipendenza nel 2008, ma Belgrado non la riconosce. La ministra degli esteri kosovara Donika Gervalla ha accusato la Serbia di voler "aumentare le tensioni con una falsa operazione militare”. Si tratta di "una nuova falsa operazione di Vucic per aumentare le tensioni", ha detto Gervalla. A suo dire, non esiste alcuna minaccia nei confronti della Serbia

Al contrario, per Gervalla, il presidente serbo Aleksandar Vucic e il ministro degli esteri Ivica Dacic - come a suo tempo Slobodan Milosevic - vogliono causare un conflitto. Per la ministra degli esteri, non è più il 1991, 1996 o 1999, siamo ora nel 2022 e "il Kosovo è indipendente, con Nato e Usa che difendono la pace nei Balcani”

La Serbia non può tollerare che qualcuno attui attività spionistiche a carico delle sue caserme e installazioni militari. Parlando a margine di una esercitazione militare alla quale ha assistito nel sud del Paese, Vucic ha detto che già in precedenza erano stati individuati droni spia in corrispondenza di caserme in Serbia. In ogni caso, secondo il presidente serbo Vucic, la prima priorità di Belgrado è preservare pace e stabilità nella regione