Li Wenliang, rivelazioni del NYT sulla morte del medico di Wuhan che lanciò allarme Covid

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Un'inchiesta del quotidiano americano fa luce sulle circostanze della morte dell'oculista eroe che cercò di salvare quante più vite possibile e che per questo si attirò le ire del governo

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Il 7 febbraio 2020 il Dottor Li Wenliang è morto a soli 34 anni nella stanza di ospedale dove era ricoverato per aver contratto una forma particolarmente aggressiva del virus. È passato alla storia come l’eroe cinese che per primo ha lanciato l’allarme sulla diffusione del Covid.  Ma questa è solo la fine dell'epopea del medico di Wuhan, l’epilogo tragico che tutto il mondo conosce. Il New York Times ha riavvolto il nastro, ricostruendo le ultime settimane e ore della sua vita in un’inchiesta che vuole fare luce sulle responsabilità delle autorità cinesi tra censura e cure inadeguate.

L'inchiesta

 I giornalisti del quotidiano newyorkese non si sono accontentati della versione ufficiale e dell’indagine tardiva condotta da Pechino, avviata a luglio 2022,  e sono andati alla ricerca di un testimone diretto. “Un'indagine del governo sulle circostanze intorno alla morte del dottor Li ha concluso (...) che l'ospedale centrale di Wuhan aveva fatto di tutto per salvarlo. Ma un quadro più globale delle sue cure mediche e del trattamento da parte delle autorità – spiega il NYT – è rimasto incompleto”. Sebbene la redazione abbia fatto diversi tentativi, il team medico che ha seguito Li, l’ufficio stampa dell’ospedale e la Commissione di vigilanza nazionale cinese hanno rifiutato di rilasciare commenti. A parlare, oltre alle carte di cui sono entrati in possesso i reporter, è stato uno dei colleghi di Li, che ha deciso però di restare anonimo per paura di ritorsioni del governo cinese.

 

L'inizio della storia

Tutto comincia nelle corsie del nosocomio Wuhan Central Hospital, dove Li Wenliang lavora come oculista. La crescita vertiginosa di casi di polmonite attira subito la sua attenzione di medico. Già alla fine del 2019 segnala che dietro l’aumento di patologie respiratorie gravi ci potesse essere un coronavirus. Per primo lancia l’allarme, sia all’interno delle mura domestiche sia di quelle dell'ospedale, cercando di raggiungere quante più persone possibile. Al momento del ricovero, Li Wenliang è ben noto al governo cinese. Era stato già sanzionato per aver diffuso informazioni “vietate” attraverso il social network WeChat e costretto a scrivere di suo pugno una lettera di scuse in cui ritornava sui suoi passi negando l’esistenza del virus. Ben presto contrae anche lui il Covid e la sua campagna di sensibilizzazione diventa sempre più difficile, specie dopo il ricovero.

 

Il medico eroe era depresso

Nella stanza in cui è isolato può comunicare solo con la sua famiglia attraverso chat video, eppure riesce a portare avanti la sua battaglia anche confinato nella struttura sanitaria. Con le ultime forze che ha in corpo rilascia delle interviste anonime dal letto d’ospedale, denunciando la censura a cui è sottoposto. Solo alla fine, rivela la sua identità diventando a tutti gli effetti “un eroe popolare”, come scrive il NYT. Il decorso della malattia è rapidissimo, ma ad aggravare la situazione sono anche le sue condizioni psicologiche. Dopo una settimana dal ricovero è già gravemente depresso, come si legge su uno degli appunti allo studio. Il NYT ha diffuso per la prima volta notizie sul suo stato di salute mentale, restituendo dei dettagli che non erano mai venuti alla luce.

 

La fine

Il 5 febbraio secondo la cartella clinica analizzata dal quotidiano statunitense è un giorno nero: le sue condizioni fisiche peggiorano drasticamente. Lo scavo del NYT si concentra sulle terapie respiratorie predisposte dall’ospedale, per stabilire se sia stato fatto effettivamente tutto il possibile da parte dal team medico o se invece l’assistenza sia stata deficitaria su ordine delle autorità cinesi, che mal tolleravano l’attività di Li. Sebbene la ricostruzione sembri attestare che il medico eroe sia stato curato seguendo degli standard simili a quelli utilizzati per altri pazienti, resta un enorme punto di domanda sul “perché Li non sia stato intubato”.

 

L'epilogo

Sono diverse le discrepanze sull’orario di morte, che fanno supporre che l’ospedale abbia aspettato diverse ore prima di comunicare il decesso, uno dei punti più oscuri di tutta la vicenda. Un’altra parentesi si apre sui tentativi di rianimazione, ma lo stesso NYT non trova una risposta univoca. “Non abbiamo trovato prove che le cure mediche fossero sbagliate. Ma questi documenti, insieme al resoconto del dottor B. – questo è lo pseudonimo scelto dal testimone – e all'analisi degli esperti, rivelano nuovi importanti dettagli sulla sua malattia e sul suo trattamento. Nel loro insieme mostrano – aggiungono – come il dottor Li abbia trascorso i suoi ultimi 39 giorni, affrontando un virus mortale e i tentativi del governo di censurarlo".

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