Non si conosceva il suo nome ma gli studiosi lo avevavo soprannominato 'Uomo del Buco' per l'abitudine di scavare fosse usate soprattutto nella caccia. Secondo i primi rilievi, sarebbe deceduto per cause naturali. Con lui scompare l'unico superstite di un gruppo autoctono sterminato negli anni dalle azioni illegali di minatori, agricoltori e taglialegna
Lutto in Brasile per la morte dell'ultimo membro di un gruppo indigeno incontaminato stanziato nello Stato di Rondonia, al confine con la Bolivia. L'uomo, di cui non si conosceva il nome, è vissuto in totale isolamento negli ultimi 26 anni. Era stato soprannominato "l''Uomo del Buco' perché scavava fosse profonde, usate in parte per intrappolare gli animali e in parte come punti di accesso a spazi nascosti. Sarebbe deceduto per cause naturali ma la polizia ha detto che svolgerà comunque delle indagini
Il ritrovamento
L'emittente Bbc ha riferito che il corpo senza vita dell’indigeno è stato rinvenuto nei giorni scorsi su un'amaca fuori dalla sua capanna di paglia. Secondo alcuni esperti, l’ultimo esponente della tribù aveva una sessantina d'anni e in base ai primi accertamenti sarebbe morto per cause naturali: il corpo era privo di segni di violenza e non sono state trovate tracce di incursioni nel suo territorio né nella sua dimora. La polizia locale ha annunciato che svolgerà comunque delle indagini per accertare la causa del decesso.
Monitorato da anni
Per la propria sicurezza l'"Uomo del Buco" veniva controllato da agenti dell'Agenzia per gli affari indigeni (Funai) del Brasile sin dal 1996. Nel 2018, i membri del Funai sono anche riusciti a filmarlo durante un incontro casuale nella giungla: nel video, viene immortalato mentre taglia un albero con quella che sembra essere un’ascia. Le prove trovate nella capanna dell’uomo e nei suoi campeggi suggeriscono che abbia inoltre piantato mais e manioca e frutti come papaia e banane.
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L’ultimo rimasto
Gli altri sei membri rimasti della tribù dell’'Uomo del Buco', stabiliti da sempre nell'area indigena di Tanaru, sono stati uccisi nel 1995 e prima, negli anni '70, si sospetta che la stragrande maggioranza dei suoi esponenti sia stata eliminata da allevatori che volevano espandere la loro terra. Secondo la costituzione del Brasile, gli indigeni hanno diritto alla loro terra tradizionale ma proprio questa tutela ha spinto negli anni coloro che volevano impossessarsi degli appezzamenti a ucciderli. Survival International, un gruppo di pressione che si batte per i diritti delle popolazioni indigene, ha avvertito che in Brasile ci sono circa 240 tribù autoctone, molte delle quali sono minacciate dalle azioni illegali di minatori, taglialegna e agricoltori.