Nasce da qui l’idea del poeta ucraino Ostap Slyvynsky di raccogliere nelle stazioni, nei rifugi e per strada le testimonianze delle persone. Frammenti di dialoghi e monologhi che raccontano il dolore e lo spaesamento provocati dal conflitto e dell'invasione russa. Le parole chiave del "War vocabulary" raccolte in un longform
Le parole esprimono pensieri e stati d’animo, descrivono il mondo e lo interpretano. La guerra stravolge tutto, cambia la vita delle persone e anche il significato delle parole. Quello che prima indicava una cosa, poi ne significa un’altra.
Nasce così il progetto di Ostap Slyvynsky, poeta e saggista ucraino: mettersi in ascolto delle persone e raccogliere testimonianze, battute, parti di dialoghi o frammenti di monologhi. Storie e parole che vanno così a comporre il Vocabolario della guerra. Un racconto per parole chiave del dolore e dello spaesamento provocati dall’invasione russa. Slyvynsky è anche un traduttore e quindi conosce bene la potenza e l’ambiguità delle parole.
Parole chiave che la guerra ridefinisce
Addio, bellezza, dimore, libertà, sogni, vita diventano parole chiave che la guerra ridefinisce. Sono le storie raccontate dalle persone alla stazione ferroviaria, dove confluiscono gli sfollati, nei rifugi temporanei o per strada. Così, Il tonfo delle mele che un tempo cadevano in giardino consente ad Anna di esorcizzare le esplosioni delle bombe nella notte: “Colpivano forte la terra, grosse e mature, a ritmo costante, per tutta la notte. Ero felice. Quella notte, mentre mi addormentavo sotto le bombe, risentii le mele di quel giardino. E desiderai con tutta me stessa che fossero quelle a colpire la terra intorno a noi”.
Insieme a Ostap Slyvynsky, lavora a questo progetto un gruppo di coautori, anche loro protagonisti e testimoni della guerra, che raccontano le loro storie personali o quelle che hanno sentito da altri.
Racconti dolorosi e poetici
Il Vocabolario della guerra è in costante aggiornamento e al momento conta più di 40 parole. Sono racconti che non sempre sono riportati in modo testuale perché si ascoltano le persone e poi, sulla base del ricordo, si mettono per iscritto le testimonianze, spiega Slyvynsky. Che aggiunge: la maggior parte delle persone sono donne. “Gli uomini non vogliono parlare o non hanno tempo per farlo. È una narrazione della guerra al femminile”.
Come quella di Kateryna: “Non molto tempo fa ho letto una storia sulla Seconda guerra mondiale. Parlava di una ragazza che indossava i vestiti più brutti della madre per non farsi notare dai nazisti ed evitare di essere stuprata. Mi fermo davanti al mio armadio: è già arrivato il momento di indossare i miei vestiti peggiori o posso ancora farcela? Le cose cambiano molto rapidamente”.
Sono racconti dolorosi e poetici. A volte persino ironici, come nel caso di Oleksandr: “Fare la doccia sotto i bombardamenti non ve lo consiglio proprio. Si perde tutto il divertimento. Non fai che pensare che se una bomba ti arrivasse addosso in quel momento saresti una vittima di guerra a culo nudo e insaponato.”
Passaparola da una lingua all'altra
Racconti in ucraino o in alcuni casi tradotti dal russo, e poi tradotti in inglese. Gettato il primo ponte, ne è scaturito un passaparola da una lingua all’altra. E quindi anche in italiano, grazie al prezioso lavoro di traduttori che hanno deciso di dedicare energie e competenze linguistiche a questo progetto.
SkyTG24 ha raccolto le parole del Vocabolario di guerra finora tradotti in italiano e una selezione di foto in questo longform.
Questo progetto è stato possibile grazie al lavoro di traduzione di Taras Malkovych, Rachele Agnusdei, Irene Bassini, Chiara Belluzzi, Maria Cristina Cavassa, Manuela Mancuso, Riccardo Mimmi e Alessia Sapori, Serena Scaldaferri. E alla consulenza di Nicola Bruno e Raffaele Mastrolonardo.