Uno stato ancora virtuale, dove la guerra in Ucraina rende tutto ancora più instabile
Il passaggio dalla Serbia al Kosovo è lento e tortuoso, come la strada che percorriamo da Belgrado a Pristina, passando per Mitrovica, a nord dell'autoproclamata Repubblica Kosovara. La frontiera segna un confine, che qui evoca ancora i fantasmi della guerra nell'ex Jugoslavia. Da una parte c'è la Serbia, in equilibrio perenne tra Mosca e Bruxelles. Dall'altra il Kosovo, lo Stato che non c'è ma che rivendica il diritto di esserci. (GUERRA IN UCRAINA. LO SPECIALE - GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA)
Kosovo, uno Stato virtuale
Un piccolo fazzoletto di terra, nel cuore dei Balcani, ancora reclamato dal governo di Belgrado per motivi storici e politici, con il sostegno di un certo Vladimir Putin. Uno Stato virtuale, dove la stragrande maggioranza è albanese e la minoranza è invece serba. Uno stato a riconoscimento limitato, accreditato da buona parte della comunità internazionale, dove Nato e Unione europea fanno i conti con un territorio ancora lacerato dal recente passato e dove lo spettro del conflitto in Ucraina rischia di destabilizzare ulteriormente un'area instabile per definizione. Il Kosovo di oggi è segnato da ferite ancora da cicatrizzare, ma già guarda con febbrile entusiasmo al futuro. Il futuro di uno Stato che ancora non c'è ma che vorrebbe esserci.