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Il Times denuncia: Huawei “infiltra” le università in Uk

Mondo

Tiziana Prezzo

Fa scalpore nel Regno Unito la compromissione di un prestigioso ateneo come Cambridge col colosso delle telecomunicazioni cinesi posseduto dallo Stato. E non si tratterebbe di un caso isolato… (La corrispondente da Londra)

LONDRA -Quanto può essere insidioso il soft power cinese per l’Occidente? Moltissimo. Specie quando riesce a penetrare in profondità in settori chiave come quello della formazione e della ricerca e ha nel proprio mirino un’università prestigiosa come Cambridge.

 

Il Times denuncia oggi in prima pagina come la società cinese di telecomunicazioni Huawei avrebbe “Infiltrato” e compromesso un centro di ricerca di un ateneo di assoluta eccellenza a livello mondiale come quello inglese.  Tre dei quattro direttori del Cambridge Center for Chinese Management – che si trova a un tiro di schioppo da Peterhouse, il college più antico dell’ateneo e accessibile a un numero selezionatissimo di studenti - avrebbero infatti rapporti diretti con la compagnia statale cinese che avrebbe a sua volta legami molto forti col governo di Pechino.

Cambridge non è un caso isolato

Cambridge rischia oltretutto di essere solo la punta di un iceberg. Una ventina tra le migliori università britanniche avrebbero accettato da Huawei finanziamenti per 40 milioni di sterline. Il deputato conservatore Ian Duncan Smith (già finito nella lista nera di Pechino come persona non grata) ha denunciato come gli atenei britannici siano “diventati fin troppo dipendenti dal denaro cinese” e spinge per un’inchiesta governativa. Quello dei finanziamenti delle università è percepito ormai da più parti come un tallone d’Achille al quale porre rimedio anche per questioni di protezione degli interessi nazionali.

I rischi alla sicurezza nazionale

Vale la pena ricordare che proprio per questioni di sicurezza nazionale il governo britannico ha impedito al gigante delle telecomunicazioni cinesi di occuparsi delle infrastrutture della rete 5 G.

 

L’università di Cambridge si è finora rifiutata di commentare quanto pubblicato dal Times.

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