
Umanità ininterrotta, scoprire la rotta migratoria balcanica. Foto di Barbara Beltramello
Un viaggio in furgone dalla Turchia a Trieste per ritrarre le generazioni che cercano di raggiungere l'Europa. Una serie di ritratti ora raccolti in un libro, che parlano di ospitalità, diffidenza, paura: "La distanza tra cittadini dei vari Paesi e migranti ha messo l’accento sulla diversità, che a sua volta ha generato paura", dice l'autrice degli scatti.
Foto e intervista per Lo Spunto Fotografico
di Chiara Piotto

“Verso metà agosto 2019 mi chiamò un amico, Padre Jonas, del gruppo dei missionari Scalabriniani di Bassano del Grappa. Mi parlò di un progetto che stava portando avanti insieme all’associazione Via Scalabrini 3: un viaggio in furgone di tre settimane da Gaziantep, città turca al confine con la Siria, a Trieste. L’intento era toccare i luoghi più significativi della nuova Rotta migratoria Balcanica”, racconta la fotografa Barbara Beltramello
Il sito di Barbara Beltramello
“Siamo partiti il 6 settembre 2019: a Gaziantep abbiamo noleggiato un furgone con il quale abbiamo attraversato la Turchia fermandoci anche a Kirsehir e Smirne. Siamo passati attraverso Grecia (Samo, Atene, Salonicco), Macedonia del Nord (Skopje), Serbia (Belgrado), Bosnia ed Erzegovina (Sarajevo, Bihac, Velika Kladusa)”

“A Kirsehir siamo stati ospitati da una famiglia di cristiani iracheni. La loro casa era semplice ma molto pulita e confortevole. Ci hanno accolto offrendoci il cibo del loro paese. Mi ha colpita vedere l’altare che si erano ricreati in salotto. Immagini e icone dei santi che pregavano ogni giorno, quei santi per cui erano stati cacciati dal’Iraq”

“Da rifugiati in Turchia, ci hanno raccontato di sentirsi in un limbo: godevano di alcuni diritti, ma non avevano libertà di muoversi tra le varie città, i loro figli dovevano diventare musulmani per iscriversi a scuola, trovare lavoro era quasi impossibile e i salari erano comunque più bassi rispetto alla media”

“Scoprivo quello che avrei fotografato giorno per giorno, in base alle persone che incontravamo. Per motivi di tempo ho deciso di puntare su una serie di ritratti accompagnati da testi scritti. Quei ritratti sono stati raccolti in un libro, edito da Seipersei, intitolato 'Umanità ininterrotta'”
Il sito della casa editrice
“Lungo il percorso siamo stati spesso aiutati e ospitati. Mi ricordo in particolare di un signore incontrato sulle montagne tra Sarajevo e Biach. Ci eravamo persi, eravamo su una strada in mezzo ai boschi e ci siamo fermati a chiedere informazioni presso una delle poche case nei dintorni. Lì vediamo apparire questo signore vestito con i pantaloni della tuta, una maglia a maniche corte e delle ciabatte in plastica. Ci aiutò e ci mostrò tutta la sua casa, di cui andava fiero perché la stava costruendo lui. L’ho ritratto tra le belle piante del suo giardino”"

“Il mio primo lavoro sul tema migratorio risale al 2012. Mi trovavo in Honduras e stavo raccontando la storia di una madre onduregna che da più di 10 anni stava cercando uno dei suoi figli scomparso in Messico mentre tentava di raggiungere gli Stati Uniti. Negli anni ho capito che ci sono grandi analogie tra i fenomeni migratori nei vari Paesi. Una, importantissima, è che le persone non riescono a integrarsi nei posti che attraversano”

“A Biach una volontaria ci ha raccontato ad esempio di come solo l’anno prima i migranti potessero tranquillamente prendere una stanza in affitto presso le famiglie della città, mentre già dalla primavera del 2019 le normative nei confronti dei migranti erano cambiate ed erano stati trasferiti nei campi profughi. Questa scelta ha amplificato la distanza tra gli abitanti di Biach e chi la attraversa per raggiungere l’Europa”

“Quella distanza ha reso più difficile il rapporto tra gli abitanti e i migranti, mettendo l’accento sulla diversità, che a sua volta ha generato paura. A Bihac i migranti non possono neppure sedersi nei bar della città perché è proibito servirli”

“Creare l’idea del diverso penso sia una cosa sulla quale spesso non riflettiamo. In Messico mi era stata insegnata l’importanza dei termini che usiamo quando parliamo del fenomeno migratorio: l’impiego di parole come ‘illegale’ o ‘profugo’ al posto di ‘migrante’ o ‘rifugiato’. Un italiano che lavora all’estero è un ‘expat’, mentre un marocchino che lavora in Italia è definito ‘extracomunitario’”

Barbara Beltramello è una fotografa italiana. Il suo lavoro ha ricevuto premi internazionali ed è stato esposto in Italia e all'estero. Il libro "Umanità ininterrotta" con le sue fotografie, edito da Seipersei, si completa con i testi a cura dell'Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo. La prevendita è aperta fino al 21 febbraio sul sito della casa editrice
Il sito di Seipersei