Il ricercatore dell'università di Bologna ha incontrato la madre sabato 19 dicembre. Le sue condizioni appaiono sempre più preoccupanti. I genitori: "Incapaci di aiutarlo in questa situazione straziante"
"Sono esausto fisicamente e mentalmente, non posso continuare a stare qui ancora a lungo e mi deprimo ogni volta che c'è un momento importante nell'anno accademico, mentre io sono qui invece di essere con i miei amici a Bologna". Sono le parole che Patrick Zaki ha detto alla madre nel corso di una visita avvenuta sabato 19 dicembre nel carcere di Tora, dove lo studente egiziano dell'università di Bologna è detenuto da mesi. Una visita "che ci ha spezzato il cuore", ha raccontato la famiglia in una dichiarazione diffusa su Facebook dalla rete di attivisti che ne chiede la liberazione.
"Non era del tutto in sé"
"Durante la visita - spiega la famiglia di Patrick - lui non era in sé del tutto, ma diverso da ogni altra volta e ci ha letteralmente spezzato il cuore. Le sue parole ci hanno lasciato in lacrime, incapaci di aiutare nostro figlio in questa straziante situazione. Inoltre siamo rimasti scioccati dal vedere che era depresso al punto che ha detto che raramente esce dalla sua cella, perché non riesce a capire perché si trova lì e non vuole affrontare il fatto di dover uscire per camminare per pochi metri fuori solo per essere rinchiuso di nuovo in una cella di pochi metri".
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"Un innocente brillante ricercatore che dovrebbe essere celebrato"
"Nostro figlio - prosegue la famiglia dello studente - è un innocente e brillante ricercatore e dovrebbe essere celebrato, non chiuso in cella. Dieci mesi fa stava frequentando il suo master e facendo piani, adesso il suo futuro è completamente vago. Non sappiamo quando potrà continuare a studiare, o lavorare, o tornare alla sua ricca vita sociale. Chiediamo che Patrick venga rilasciato subito, rivogliamo nostro figlio e la nostra vita".