Musica e suprematisti, la capitale del country non tradisce Donald

Mondo

Anna Lombardi

Viaggio in Tennessee, roccaforte repubblicana e luogo mitico per gli amanti della musica e di Elvis

NASHVILLE - «Un voto a Trump per ricominciare / Tornare fieri come eravamo un tempo / Troppi clandestini nelle nostre strade / Troppi politici che mentono a me e a te / Per questo io ti dico, è tempo di Trump. Tu cosa mi dici? Canta insieme me». E vai col ritornello: «Non credere ai sondaggi/ Abbi fede nel Signore/ Facciamo insieme l’America Grande di Nuovo». Il pastore evangelico Steve Warren, 65 anni e un passato come imitatore di Elvis, canta proprio così davanti alla piccola folla estasiata di fan di Donald Trump. Pigiata, con buona pace della distanza sociale, nel cortile della Faith Chapel al 917 di Second Avenue, nel cuore della downtown di Nashville: la capitale del Country, certo. E pure la città del primo presidente populista d’America, Andrew Jackson, morto nel 1845, il cui ritratto è stato piazzato da Trump nello Studio Ovale.

The Donald è in città, e dopo lo scontro col rivale Joe Biden sul palco della Beaument University, partecipa a una raccolta fondi a Belle Meade, la città del bourbon: i partecipanti hanno pagato 250mila dollari a coppia per sedersi a tavola con lui. E lì che Pastor Warren e i suoi, intendono fargli la serenata. «Sono un uomo di fede e non ho tessere di partito» racconta a fine prove. «Ma ho sempre ammirato Ronald Reagan e Trump è l’unico al suo livello. Capisce la nostra gente e ha cambiato questo Paese. Faccio campagna per lui fin dal 2016. Deve vincere ancora: indietro non si torna». Nessuno, nella sua chiesa, indossa la mascherina. «Volontà di Dio» apre le braccia, ridendo.

Peccato che nel Tennessee, risparmiato dal virus in primavera, i numeri ora siano in costante aumento: i casi già 238mila (32 mila a Nashville), i morti più di 8mila. D’altronde qui siamo in piena Trumplandia: il candidato repubblicano, nel 2016, stracciò Hillary Clinton col 61 per cento. E pure se ora perde consensi pure qui, resta solidamente in testa nei sondaggi col 51 per cento, 12 punti sopra Biden.

E poi insieme ad agricoltura e bestiame, il turismo è uno dei capisaldi dell’economia. Anche per questo il governatore repubblicano Bill Lee, non vuol saperne di chiusure e mascherine. «Sono venuta in vacanza dalla Virginia perché è tutto aperto e nessuno ti rompe con inutili obblighi» ti dice infatti Trisha Spatfield, 23 anni, nella hall del centralissimo Dream Hotel, mentre mostra alle amiche gli stivali da cowboy appena comprati.

Pure nei locali della mitica Broadway, dove si beve birra già alle nove del mattino, se ne fregano tutti degli accorgimenti antivirus. Nei bar “honky tonk”, dove cioè si fa musica dal vivo, le canzoni parlano d’alcol, disoccupazione, divorzi, e della quotidiana miserabile lotta per sbarcare il lunario. Una playlist davvero simile al popolo di Trump. Quell’elettorato bianco radicato in piccole città di periferia, che si sente lasciato indietro, convinto che accordi commerciali e diritti alle minoranze abbiano sgretolato il loro mondo. «Ho votato Trump nel 2016 e lo rifarò. Agisce nell’interesse di noi americani. Il virus lo hanno portato i cinesi. Sconfitto il socialista Biden, tutto andrà nuovamente bene». Rodger Hurgus, 51 anni, fa l’operaio in una fabbrica di polli: «Ci sono stati dei positivi, abbiamo chiuso e riaperto tre volte. Il lockdown è una cura peggiore del male» dice, ripetendo concetti tipicamente trumpiani.

Ma pure in Tennessee qualcosa sta cambiando. Proprio a partire da Nashville. «È una città in espansione, dove nuove generazioni più aperte e liberal stanno mutando a vecchia cultura di fede e conservatorismo. La capitale del country è paradossalmente sempre più a disagio con ciò che simbolizza: e col territorio che la circonda» spiega l’imprenditore locale Bruce Dobie, fondatore di Power Poll, aggregatore di notizie politiche. Ricordando che mentre il Gotha della Country Music – da Loretta Lynn a Kid Rock - è solidamente trumpiano, musicisti più giovani come Taylor Swift e le Dixie Chicks fanno campagna aperta per i democratici.

«Nei quattro anni di Trump la città è cambiata: e ora anche nei sobborghi vedi tante insegne pro Biden». A proprio rischio, però. Nello stato dove secondo il Southern Poverty Law Center impegnato a monitorare le organizzazioni “di odio”, negli ultimi quattro anni sono nati 38 gruppi suprematisti compresi sei capitoli del Ku Klux Klan, centinaia di cartelli piazzati fuori dalle case, negli ultimi giorni sono stati rubati, danneggiati, bruciati. Al loro posto, lo scrive il quotidiano Tennessee Tribune. biglietti da visita firmati KKK, su cui qualcuno ha scritto a penna una minaccia: «Questa è una “visita di cortesia”. La prossima volta, passeremo per “business”». E chissà che brutti affari.

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