Omicidio Khashoggi, processo Arabia Saudita: condanne da 7 a 20 anni. La compagna: “Farsa”

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Si è concluso il processo per la morte del giornalista dissidente, avvenuta il 2 ottobre 2018 nel consolato di Riad a Istanbul. Otto le condanne: 20 anni di prigione per i 5 membri del commando per i quali in primo grado era stata decisa la pena di morte; altri due imputati condannati a 10 anni e uno a 7. Assolti 3 sospettati. La promessa sposa del reporter: “Parodia di giustizia”

Si è concluso in Arabia Saudita il processo per l'omicidio di Jamal Khashoggi, il giornalista dissidente morto il 2 ottobre 2018 nel consolato di Riad a Istanbul (IL CASO). Otto le condanne, da 7 a 20 anni di carcere. Hatice Cengiz, promessa sposa del reporter, e Agnes Callamard, relatrice dell'Onu sul caso, hanno bollato la sentenza - arrivata dopo mesi di polemiche e accuse di insabbiamento - come "farsa" e "parodia di giustizia".

Le condanne

Cinque membri del commando erano stati condannati a morte in primo grado: ora hanno avuto salva la vita e per loro la pena definitiva scende a 20 anni di prigione. Altri due imputati sono stati condannati a 10 anni e uno a 7. Confermata invece l'assoluzione per altri 3 sospettati. Il cambio di direzione rispetto alla condanna a morte era previsto, dopo il "perdono" accordato lo scorso maggio dai familiari dell'editorialista del Washington Post. Una decisione annunciata alla fine del Ramadan, in linea con la tradizione islamica per simili gesti di clemenza, e accompagnata da forti polemiche per i sospetti trasferimenti di denaro e beni immobili ai figli di Khashoggi da parte delle autorità del Regno.

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Il processo e i sospetti

La sentenza mette la parola fine davanti alla giustizia saudita, ma lascia aperti sospetti e interrogativi su esecutori e mandanti. Il processo, fortemente criticato sin dall'inizio per la mancanza di trasparenza, ha risparmiato i fedelissimi del principe Mohammed bin Salman, derubricando come un'operazione non autorizzata di servizi deviati l'uccisione del giornalista 59enne, i cui resti non sono mai stati ritrovati. Riad ha sempre negato ogni coinvolgimento dell'erede al trono, finito invece tra i sospettati della Cia e del rapporto degli esperti delle Nazioni Unite, oltre che della Turchia. Secondo le accuse, il principe non poteva non sapere.

Il contro-processo a Istanbul

A Istanbul, due mesi fa, si era aperto un contro-processo ai 20 presunti membri dello “squadrone della morte” incaricato di mettere a tacere l'intellettuale diventato scomodo per la petromonarchia, dopo anni di vicinanza con i suoi vertici. Tra i sospettati dai magistrati turchi ci sono anche due luogotenenti del principe Mbs, assolti nel Regno per "mancanza di prove": l'ex consigliere per i media Saud al-Qahtani e l'ex numero 2 dell'intelligence Ahmed al-Assiri. Tutti sono però imputati in contumacia, in un processo sostanzialmente simbolico, visto che Riad ha respinto tutte le richieste di estradizione. Un velo di impunità che la fidanzata di Khashoggi, ultima a vederlo fuori dal consolato, è ancora decisa a squarciare, dicendosi "più determinata che mai a lottare per la giustizia per Jamal".

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