Pace fatta tra Tutsi e Hutu, a Kigali la riconciliazione va a braccetto con la crescita economica
25 anni fa 100 giorni di sangue, gli hutu perdono il loro presidente in un incidente aereo mai chiarito e danno inizio a una premeditata vendetta: i tutsi sterminati, a colpi di kalashnikov, di pistola, di machete. Oltre un milione di morti, quasi un milione di persone in fuga oltre confine, un’intera generazione falcidiata. Il Rwanda nel 1994 è un paese tra i più poveri del mondo, instabile e violento. 25 anni dopo la guerra civile, la vera rivoluzione è servita. Paul Kagame è presidente dal 2000. Determinato e discusso per la sua longevità al potere, è uno degli artefici della crescita. Il Rwanda oggi ha un soprannome: la Svizzera d’Africa. Il pil è quadruplicato. La crescita ogni anno supera l’otto percento, Kigali è un centro finanziario trai più importanti dell’interno Continente.
Uno dei principi vincenti è stato non accettare aiuti internazionali per la ricostruzione del paese in denaro, ma in progetti di formazione e ricostruzione. Tra questi, uno importantissimo in difesa dell’ambiente. Il Rwanda fa della conservazione ambientale, della sua natura e dei suoi parchi, una delle maggiori fonti di reddito della sua economia nazionale. E protegge un vero e proprio tesoro: i gorilla di montagna, che condividono circa il 98per cento del dna con gli esseri umani. Nel 1994, bracconieri, ribelli, avventurieri, il parco dei vulcani, nel nord del paese era un luogo pericoloso e impervio. Il mondo lo aveva conosciuto dai racconti di Dian Fossey, primatologa americana, che qui aveva vissuto e trovato la morte in circostanze misteriose. Una vita in difesa dei gorilla di montagna, quando questi primati erano a un passo dall’estinzione, e venivano cacciati per essere mangiati o per i trofei, come le possenti mani che finivano in Cina come posaceneri. Oggi, tutto è cambiato, la sicurezza è totale, il parco nazionale dei Vulcani accoglie ogni giorno centinaia di turisti, garantiti dai ranger e dalle guide. Una fonte di reddito importante: il turismo garantisce 400 milioni di dollari l’anno, ma la protezione della specie viene prima di tutto. A causa del Covid, il parco è stato temporaneamente chiuso: i gorilla di montagna sono vulnerabili al contagio delle nostre malattie. Anche un semplice raffreddore può avere effetti devastanti.