Italia denunciata all'Onu per i respingimenti di migranti in Libia

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Le prove in un documento della Forensic Oceanography presso la Goldsmith University of London. Nell'ultimo anno, chiamando navi commerciali a soccorrere barche in difficoltà, ci sarebbero stati 13 casi analoghi

L'Italia è stata denunciata al Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite per i respingimenti di migranti in Libia. Ad avviare l'azione formale è stato il Global Legal Action Network (Glan), organizzazione di avvocati, accademici e giornalisti investigativi, per conto di un uomo sud-sudanese che era stato riportato con la forza, insieme ad altri 90 migranti, in un porto libico dopo essere stato salvato da un mercantile nel Mediterraneo. Il Comitato per i diritti umani dell'Onu, composto da 18 esperti e che riferisce all'Ufficio dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, può tuttavia esprimere solo opinioni non vincolanti per gli Stati.

93 migranti furono soccorsi e riportati in Libia con la forza

I fatti risalgono alla sera del 7 novembre 2018, quando un dispaccio del centro di ricerca e soccorso della Guardia Costiera italiana chiese al mercantile Niven, battente bandiera panamense, di soccorrere un’imbarcazione in difficoltà con 93 persone a bordo, coordinando le operazioni. I migranti furono presi a bordo dal mercantile ma poi sbarcati con la forza a Misurata dall'esercito libico, dopo essere rimasti per dieci giorni asserragliati sul ponte della nave. Furono picchiati, feriti e rinchiusi di nuovo nei centri di detenzione. Un respingimento di massa illegittimo, contrario al diritto internazionale, che sarebbe stato dunque coordinato dall'Italia secondo una strategia di salvataggio delegato ai privati per applicare il controllo delle frontiere. Una pratica che - secondo il rapporto di Forensic Oceanography - l'Italia e l'Europa avrebbero applicato ben 13 volte nell'ultimo anno, in coincidenza con la politica italiana dei porti chiusi. 

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