Fuga dall'Honduras, donne in cerca di salvezza

Mondo

Ilaria Iacoviello

La vite delle donne honduregne tra consapevolezza e paura del futuro. In un paese dove l'immigrazione ha radici lontane.  

Abusate, maltrattate, violentate. Mentre si celebra la giornata internazionale contro la violenza sulle donne vogliamo raccontarvi qual è la vita in Honduras per la maggior parte della popolazione femminile. Una vita di violenze e privazioni. Ed ecco perché se chiedi a una donna in gravidanza se spera che il figlio sia maschio o femmina ti risponderà in un solo modo: “Baron” cioè maschio. Se sei femmina infatti il destino è già segnato in questo paese dove l’aborto è proibito in ogni circostanza e punito con pene fino a 12 anni di carcere.

In cammino verso gli Usa

Nell’ultimo anno sono state migliaia le donne honduregne che sono partite cercando di raggiungere l’America aggrappandosi al sogno di un futuro migliore. In treno o a piedi, nella famosa carovana raccontata da giornali e televisioni. E in migliaia hanno sfidato il pericolo di essere violentate, stuprate, detenute in prigione senza acqua né cibo.

E’ paradossale ma il percorso è lo stesso della rotta seguita dalla cocaina che da anni foraggia il narcotraffico nel paese costringendo la popolazione a convivere con la violenza a causa delle “maras”,  le gang che si spartiscono territorio e mercato locale.. Sì, perché l’ Honduras è una sorta di terra di mezzo fra chi produce cocaina come Colombia e Perù e chi la vende come il Messico. Honduras terra di nessuno dove l’immigrazione ha radici lontane.

“Sono una donna, ho due bambini, ho tentato di andare negli Usa per dare un futuro migliore ai miei figli - ci racconta Nuria, 34 anni -  È stato molto pericoloso. Ho sentito di tutto. Di donne stuprate, violentate, private di acqua e cibo. A me non hanno fatto niente, anche se sono stata rimandata indietro. Ma è comunque un viaggio che non rifarei più”.

Essere donna in Honduras

Numeri alla mano le donne in Honduras sono il 53% della popolazione. Numeri alla mano ogni 23 ore – fa sapere l’Onu riprendendo un rapporto della Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi - in Honduras muore una donna per le violenze subite. Stiamo parlando del paese, dopo El Salvador, con il più alto numero di femminicidi al mondo. Una violenza quotidiana e senza scampo. Dettata da crimine, droga, cultura e povertà. “Il fatto che le donne non vengano considerate è qualcosa di strutturale, normale, quotidiano. È la stessa società che lo intende in questa maniera dato che la donna è vista come un oggetto e non come un soggetto -racconta Nidia Rodhas responsabile degli assistenti sociali dell’associazione umanitaria Internazionale NPH (Nostros Pequenos Hermanos). A tutte le donne in Honduras tocca vivere una violenza morale, sociale, strutturale. La violenza è diventata la normalità. E’ un paese con un alto indice di machismo. E’ l’uomo che prende tutte le decisioni

Il 90% dei casi restano irrisolti

L’uomo difficilmente viene punito. Circa il 90% dei casi restano irrisolti. E a nulla è servita l’introduzione nel 2013 del reato di femminicidio. Il governo per coprire la violenza ha adottato una strategia ben precisa rendendo nota negli anni una diminuzione dei femminicidi a fronte di un aumento di omicidi. Questione di numeri perché la casistica non cambia. Come non cambia la tendenza delle donne a non denunciare…

“Siamo un paese machista. –sottolinea l’avvocato  Sandra Baca - Tutte le donne hanno timore di essere aggredite. La donna non parla, pur sapendo di averne il diritto. Quando un uomo aggredisce una donna le donne non denunciano. La legge non si applica. “

E quando invece denunciano come nel caso di Sandra, 34 anni, due figli avuti da due uomini diversi poco accade.   Il padre di mio figlio che ora ha 3 anni - racconta Sandra -  mi minacciava, ho provato a denunciarlo ma non è successo nulla. Mi hanno detto dovevamo trovare un accordo per forza ma una persona che è violenta non cambia”

Il ritratto delle donne in Honduras

Sandra ben rappresenta le donne honduregne: madri single, con figli avuti da relazioni diverse, un lavoro precario alle spalle grazie al quale poter guadagnare quel poco che serve per vivere. Il resto lo fanno associazioni e istituzioni che si occupano di aiutare i bambini. Come nel centro diurno di Tegucigalpa dove Sandra porta il figlio di 3 anni. Una condizione la sua molto simile a quella di tante donne che lavorano in zone rurali. Come a Talanga, fra le aree più povere e pericolose del paese, a pochi km dalla capitale Tegucigalpa. Le famiglie sono talmente povere che mangiano una sola volta al giorno, spesso solo riso e fagioli.

E proprio qui incontriamo Marlin, 50 anni, che lavora e guadagna come cuoca nella mensa per i bambini. Soldi con cui ha cercato un po’ di libertà per affrancarsi da un marito ubriaco e violento “Non c’era giorno che mi maltrattasse – ci racconta piangendo -  mi minacciasse, io pensavo che c’era pericolo che mi uccidesse. L’ho lasciato ma poi i miei figli mi hanno abbandonata e dunque per paura sono ritornata con lui e sono tornata ad essere vittima della sua violenza”

La valorizzazione delle donne

C’è chi lotta fuggendo ma c’è chi lotta restando. Come le donne che studiano a Ciudad de la Mujeres,  uno dei centri creati dal governo appositamente per loro. Lo scopo: proteggerle, farle studiare, dare loro maggiori opportunità lavorative. Qui vige una sorta di discriminazione al contrario: gli uomini non possono entrare.

“Lavoriamo con le donne ma allo stesso tempo con gli uomini- ci racconta la funzionaria Tonia Cardona - insegnando il rispetto per le donne. La violenza non fa eccezione. Il settore rurale è il piu’ colpito per via delle condizioni di vita. A volte una famiglia intera vive in un monolocale. Perciò succede le stesse bambine vengano abusate dai familiari.E’ addirittura la madre a dire alla bambina che è meglio sia abusata dal padre piuttosto che da un estraneo.

Il programma Onu Mujeres

Violenza che chiama violenza, mentre le donne si impoveriscono incapaci di affermarsi. Per aiutarle anche l’Onu è sceso in campo con un programma “Onu Mujeres” relativo alle donne in Guatemala, El Salvador e Honduras finanziato in buona parte dal nostro paese. “tutto il nostro lavoro vuole rompere questa diseguaglianza fra uomini e donne rendendo le donne libere di sognare. Dobbiamo rompere lo stereotipo di genere” sottolinea la funzionaria dell’Onu Vita Randazzo

Il movimento politico Luchemos

Un programma che a grandi linee è diventato una sorta di manifesto politico per le giovani attiviste di Luchemos, movimento ispirato a Berta Caceres, ambientalista e attivista honduregna, assassinata barbaramente nel 2016. E’ stata una perdita durissima per tutti noi- spiega Merary Avila, avvocata e attivista di Luchemos – Berta   era una persona molto importante, non potevamo crederci non c’era piu’. La rabbia e l’indignazione per quello che era successo erano fortissimi. Adesso, seguendo l’esempio di Berta stiamo cercando di fare un altro tipo di politica, in modo che ogni donna, ogni bambino si senta rappresentato dal nostro movimento Luchemos. Noisappiamo che possiamo cambiare le cose

Istruzione sinonimo di futuro e riscatto

Per scardinare questo schema si punta sull’istruzione. Con i  progetti messi in campo da organizzazioni umanitarie internazionali come NPH (Nostros Pequenos Hermanos)  che dal 1954 accoglie i bambini orfani abbandonati in America Latina. Centinaia crescono e studiano in questa nelle case NPH oppure vengono supportati con programmi esterni nelle comunità locali. Per tutti scuola comunque sinonimo di futuro e riscatto. “ In Honduras si ritiene che il modo migliore per educare i bambini sia punirli- sottolinea Carmen Avelar, psicologa del programma Chicas Poderosas, nato per rendere le donne piu’ sicure di sè e consapevoli dei loro diritti -  Questo schema mentale si ripercuote sul resto della vita. Così le donne si convincono che se qualcuno le maltratta è per il loro bene. E’ l’insegnamento che gli hanno tramandato fin da piccole. Mio papà mi punisce perché mi vuole bene. Questo è lo schema che si ripete con i maltrattamenti, la mancanza di autostima e gli abusi sessuali.

L’impegno dei volontari italiani

A sostenere NPH in Italia è da 20 anni la fondazione Francesca RAVA con progetti molteplici: dal programma Chicas Poderosas nato per rendere le ragazze piu’ sicure e consapevoli, alle adozioni a distanza, dalle borse di studio ai campus solidali. Ogni anno sono centinaia i volontari che arrivando dall’Itali per portare aiuto ai bambini. Volontari che diventano per i piccoli una vera e propria famiglia. Famiglia che possa dare loro l’amore e il futuro che sognano.”

 

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