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Omicidio Anna Politkovskaja, 13 anni fa l’assassinio della giornalista russa

Mondo

Il 7 ottobre del 2006 la giornalista veniva ritrovata cadavere nell’ascensore del suo palazzo, a Mosca. Un omicidio che, a distanza di anni e dopo tre processi, rimane ancora senza mandante

È il 7 ottobre del 2006 quando 5 colpi di pistola Makarov 9 millimetri uccidono la giornalista russa Anna Politkovskaja. Il cadavere viene ritrovato nell’ascensore del palazzo in cui viveva, nel centro di Mosca. Una morte da molti considerata un omicidio operato da un sicario a contratto che, a distanza di 13 anni, rimane ancora senza mandante.

Voce critica di Putin e dell'intervento militare in Cecenia

Classe 1958, figlia di due diplomatici sovietici di nazionalità ucraina di stanza all’Onu, Anna Politkovskaja nasce il 30 agosto a New York. Giornalista, voce critica di Vladimir Putin e dell’intervento militare in Cecenia, ha lavorato per anni alla Novaja Gazeta. Nel 2001 vince il Global award di Amnesty International per il giornalismo in difesa dei diritti umani e, nel 2003, il premio dell’Osce per il giornalismo e la democrazia.

Tre processi e nessun mandante

Secondo fonti dell’intelligence la giornalista sarebbe stata su una lista di persone scomode da eliminare assieme ad Alexander Litvinienko e Boris Berezovski. A detta del direttore della Novaja Gazeta, il periodico per il quale la Politkovskaja lavorava dal 1999, la donna stava per pubblicare un lungo articolo sulle torture commesse dalle forze di sicurezza cecene legate al Primo Ministro Ramsan Kadyrov.
Il processo di primo grado si è concluso nel febbraio del 2009 con l’assoluzione di tre imputati (due criminali ceceni e un funzionario dell’FSB). Nel giugno dello stesso anno la Corte Suprema russa ha annullato la sentenza accogliendo il ricorso della Procura. Dopo 11 anni e tre processi, la giuria popolare del tribunale di Mosca, nel giugno del 2017, ha condannato cinque uomini giudicati colpevoli dell’assassinio: Rustam Makhmudov, l’esecutore materiale, e suo zio Lom-Ali Gaitukayev, l’organizzatore (condannati all’ergastolo). Ibragim e Dzhabrail Makhmudov (condannati rispettivamente a dodici e quattordici anni di carcere), mentre l’ex-dirigente della polizia di Mosca, Serghiei Khadzhikurbanov, ha ricevuto una pena pari a vent’anni.

La condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo

Nel luglio del 2018 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Russia per non aver condotto un'inchiesta efficace per determinare chi abbia commissionato l'omicidio. Il ricorso era stato presentato nel 2008 dalla madre, dalla sorella e dai figli della giornalista uccisa. Nella sentenza i giudici di Strasburgo affermano che "nonostante l'inchiesta abbia portato risultati tangibili con la condanna di 5 uomini direttamente responsabili per l'omicidio, l'indagine non può essere considerata adeguata se non è stato compiuto alcuno sforzo per identificare chi ha commissionato e pagato per l'uccisione". 

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