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Migranti, Carola Rackete: "Dov’era l’Ue quando ho chiesto aiuto?"

Mondo
Foto: Ansa

La comandante della Sea Watch ha parlato in audizione all’Eurocamera nel giorno in cui si celebra la Giornata del Migrante. Critica anche per l'Italia: "Non so come si possa approvare una legge che non rispetta il diritto internazionale"

"Ho ottenuto attenzione dalle istituzioni, ma dove eravate quando abbiamo chiesto aiuto?". Queste le parole di Carola Rackete (CHI È), comandante della Sea Watch che ha parlato in audizione all'Eurocamera nel giorno in cui si celebra la Giornata del Migrante, nell’anniversario della strage di Lampedusa del 3 ottobre 2013. Facendo riferimento all’episodio Seawatch3, la donna tedesca ha aggiunto: "L'unica risposta che ho avuto allora è stata da Tripoli, dove non potevo andare. In Europa, la culla dei diritti, nessun governo voleva 53 migranti. È stata una vergogna. Le istituzioni mi hanno attaccata – dice Rackete – . Sono stata lasciata sola. I governi hanno eretto muri, come se sulla nave ci fosse la peste". Poi attacca l'Italia: "La ricerca ed il salvataggio in mare sono operazioni che rientrano nel diritto internazionale, non so come abbia fatto l'Italia ad approvare una legge che non rispetta il diritto internazionale". Nel frattempo il Consiglio d'Europa chiede la ripresa dei salvataggi in mare.

"Sono entrata in porto per necessità, nessuna provocazione"

Parlando di quando, nella notte tra il 28 e il 29 giugno, ha forzato il divieto di ingresso in acque territoriali italiane e di ingresso in porto a Lampedusa, Rackete precisa: "La mia" decisione di entrare in porto con la Seawatch3 "dopo 17 giorni in mare senza ricevere risposta non fu una provocazione come molti hanno detto. Ma un'esigenza. Ritenevo – aggiunge – che non fosse più sicuro restare in mare e temevo per quanto poteva accadere".

"La soluzione è creare canali legali verso l’Europa"

Nel suo discorso all’Eurocamera, Rackete ha fatto sapere di provare "tristezza in questo anniversario in cui si ricorda la perdita di oltre 300 vite umane nel Mediterraneo centrale, perché l'Unione europea ricorre sempre più all'esternalizzazione dei salvataggi con deleghe a Paesi in guerra come la Libia, violando le leggi internazionali". Poi sulla situazione delle Ong impegnate nei salvataggi in mare spiega: "Il nostro caso, come quello di altre Ong, sottolinea la necessità di affrontare la situazione dei salvataggi in mare a livello europeo, che non può essere lasciata a negoziati ad hoc". E anche "un meccanismo di ricollocamenti temporaneo, focalizzato sui rimpatri piuttosto che sull'accoglienza non è una soluzione realistica". Infine suggerisce: "La riforma del regolamento di Dublino è attesa da tempo, ma la soluzione è la creazione di canali legali verso l'Europa. Basta con i discorsi d'odio perché hanno un impatto diretto sui cittadini", ha aggiunto Rackete.

Consiglio d'Europa: "Nuove missioni nel Mediterraneo"

Intanto il rapporto adottato dall'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha chiesto una nuova missione navale di salvataggio nel Mediterraneo a livello dell'Unione europea. Un’assemblea durante la quale la delegazione italiana si è spaccata sul voto finale: il Pd ha votato a favore mentre i Cinque stelle si sono astenuti. Lega e FI hanno votato contro. La delegazione italiana ha inoltre perso la battaglia sugli emendamenti che aveva proposto per continuare a collaborare con la guardia costiera libica.

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