Guatemala, sognando l’America oltre il Muro di Trump

Mondo

Tiziana Prezzo

Il reportage di Sky TG24 tra i migranti del Paese, in fuga da povertà e cambiamento climatico

La piccola Maria guarda un po’ impaurita gli adulti intorno a lei. Una volontaria le sistema la testolina in modo che la sua altezza sia presa con la dovuta precisione. Poi le toccherà salire sulla bilancia, con i piedini nudi e un po’ grinzosi. Un altro metro verrà passato intorno al suo braccino.  Le misurazioni dicono che è indietro nella crescita, che pesa come un bambino di neanche 3 anni pur avendone quasi 5.  Quello che invece non dicono – ci spiega un ricercatore italiano dell’Umberto I di Roma che ha visto le immagini del nostro reportage - è che Maria ha sviluppato con ogni probabilità la malattia di Chagas, causata da un parassita diffuso tra le fasce più povere della popolazione dell’America  latina  “un po’ come la malaria in alcune regioni dell’Africa”. “La maggior parte dei bambini che abbiamo visitato è in uno stato di severa denutrizione”, ci dice Giulia Iaquinta, 29 anni, che ha lasciato il Veneto per venire in Guatemala come Eu Aid Volonteer: si tratta di un’iniziativa della Echo, la Direzione generale per la protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario europee, che offre l’opportunità ai cittadini maggiorenni del vecchio continente di essere coinvolti come volontari in paesi extraeuropei in crisi umanitaria.

I minori malnutriti

La incontriamo a San Miguel Acatan, nella regione settentrionale del Guatemala che confina col Messico che si chiama Huehuetenango.  L’ha formata e “arruolata” una ong italiana, WeWorld, che nel mondo si occupa di garantire e difendere i diritti dei bambini e delle donne e che in Guatemala ha concentrato i propri sforzi nell’ambito della sicurezza alimentare. Nel Huehuetenango almeno il 60% della popolazione vive in condizioni di povertà e il 67% dei bambini sotto i cinque anni presenta un severo stato di denutrizione

A San Miguel arriviamo proprio mentre è in corso la distribuzione, da parte della Ong, tra decine di donne raccolte dentro una scuola, di farina fortificata. Ognuna di loro ha almeno un figlio, più spesso tre o quattro al seguito. I quattro giovani volontari dalla Echo presenti si preoccupano di effettuare interviste  tra le donne,  per capire quale pasto siano in grado di approntare  per sé e per i propri figli e quando è stata l’ultima volta che hanno mangiato. Una domanda tutt’altro che superflua: difficilmente in queste famiglie si ha più di un pasto al giorno. Molte di queste madri sono sole: i mariti sono partiti per gli Stati Uniti, e chi ce l’ha fatta ad arrivare, superando mille pericoli, rischi di ogni genere e i controlli alla frontiera, vive ora clandestinamente in America. Per arrivarci ha pagato con i risparmi di una vita un “coyote”: così chiamano da queste parti i trafficanti di esseri umani. In molti hanno anche contratto debiti che saranno tenuti a pagare: pena rischi per la parte della famiglia rimasta in patria. Chi parte è nella stragrande maggioranza dei casi un contadino che non ce l’ha fa più, con un piccolo appezzamento di terreno, ad arrivare alla fine del mese. Sempre più di frequente anche a causa dei cambiamenti climatici

I danni del cambiamento climatico

Stando alle valutazioni di scienziati e ricercatori, il Guatemala è tra i 10 Paesi al mondo maggiormente colpito dal riscaldamento globale, particolarmente evidente in quell’area del Paese ribattezzata “corridoio secco”. Le variazioni di temperatura e piovosità hanno un effetto diretto sulle coltivazioni e sulla vita dei “campesinos”: tra i prodotti più colpiti c’è sicuramente il pregiato e delicato caffè

 

Visitiamo un cafetal, una piantagione di caffè. Il proprietario ci conferma che sta diventando sempre più difficile riuscire a pagare la manodopera. “Oltre ai problemi legati al clima che cambia, subiamo la concorrenza sempre più spietata da parte di altri Paesi”, aggiunge.

 

In queste terre, non esiste praticamente nucleo famigliare che non sia stato impattato dall’emigrazione. La tendenza è quella che a partire per gli Stati Uniti siano gli uomini con a seguito almeno un minore, solitamente il più grande. Una scelta che costituisce anche una sorta di garanzia rispetto a un legame coniugale messo a dura prova: con un figlio al seguito è più difficile che un uomo decida di rifarsi una vita lontano da casa.

La violazione dei diritti umani alla frontiera

Un nodo ancora da risolvere resta però quello del comportamento dell’amministrazione americana alla frontiera. Se è vero che i respingimenti degli adulti avvengono in maniera sempre più sistematica e veloce, lo stesso non si può dire dei minori, che la legge americana è tenuta a tutelare. La volontà di rendere un figlio clandestino è stata interpretata come la dimostrazione di una volontà di abbandono da parte dell’adulto. Nell’ultimo anno e mezzo hanno fatto il giro del mondo le immagini di separazione di genitori e figli di migranti alla frontiera: una pratica che, stando a fonti guatemalteche, continuerebbe nonostante l’esplicita retromarcia del Presidente e le smentite ufficiali della Casa Bianca. Per la procura dei diritti umani del Guatemala, nelle misure adottate dal governo statunitense (come la detenzione, per giorni, anche di minori)  continuerebbe ad esserci un chiaro intento punitivo.

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