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Israele, Netanyahu: se vinco elezioni annetterò Valle del Giordano. Ira dei palestinesi

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A una settimana dal voto, il premier uscente promette che se sarà rieletto intende estendere la sovranità israeliana agli insediamenti ebraici in Cisgiordania. Parole che hanno suscitato critiche da parte degli altri partiti e dure reazioni anche da Turchia e Giordania

"Se sarò eletto nuovo premier di Israele la mia intenzione e quella del nuovo governo è quella di estendere la sovranità israeliana alla Valle del Giordano e alla sponda nord del Mar Morto". È la promessa di Benyamin Netanyahu, a una settimana dal voto in Israele. Il premier in carica ha chiesto su questo "un mandato" agli elettori. Le parole di Netanyahu non sono piaciute a Turchia e Giordania, ma soprattutto hanno scatenato l’ira dei palestinesi.

Netanyahu: sovranità Israele in colonie Cisgiordania

Durante una conferenza stampa, con tanto di cartina al suo fianco, Netanyahu ha chiesto "il mandato ad estendere la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti ebraici in Cisgiordania". Poi ha spiegato che se sarà eletto di nuovo primo ministro, l'estensione avverrà "in coordinamento con gli Usa" e dopo che il presidente Trump "avrà presentato il suo piano di pace". "Per il primo passo”, cioè l'estensione della sovranità alla Valle del Giordano e al nord del Mar Morto - “le condizioni sono già mature. Quello - ha aggiunto - diventerà il confine orientale di Israele".

Le zone interessate

Assieme alla Alture del Golan - la cui sovranità israeliana è stata riconosciuta da Trump ma non dalla comunità internazionale - i nuovi territori che Netanyahu rivendica diventerebbero "la nostra cintura di sicurezza”, ha detto il premier. "Un muro difensivo orientale che garantisce che mai più torneremo ad essere uno Stato con una profondità di pochi chilometri", ha aggiunto riferendosi alla situazione precedente alla Guerra del 1967. Il premier israeliano ha mostrato sulla cartina geografica in dettaglio le zone interessate dall'annessione: da Beit Shean al nord scendendo per la cosiddetta 'Pista Allon' fino a Ein Gedi sul Mar Morto, escludendo Gerico che resta all'Autonomia nazionale palestinese (Anp). "Nemmeno un singolo palestinese - ha assicurato - sarà annesso".

Il ruolo degli Usa

Il secondo passo sarà, ha continuato Netanyahu, sarà l'annessione degli insediamenti ebraici in Cisgiordania che avverrà con il pieno coordinamento degli Usa e dopo la diffusione del Piano di pace da parte di Trump. Il piano dell'amministrazione del tycoon noto come “l’Accordo del secolo” - ha anticipato Netanyahu - "sarà presentato alcuni giorni dopo le elezioni israeliane" del 17 settembre. "È dietro l'angolo. Si tratta di una grande sfida, ma anche di una grande opportunità, di una occasione storica ed unica per estendere la sovranità israeliana agli insediamenti ebraici in Giudea-Samaria", ossia in Cisgiordania. "La questione - ha proseguito - è chi debba condurre le trattative con Trump. Starà agli elettori stabilire se vogliano me”.

Critiche da altri partiti in Israele

Le parole di Netanyahu sono state accolte con un misto di scetticismo e di preoccupazione nel mondo politico israeliano. Critiche sono arrivate dal partito centrista Blu-Bianco di Benny Gantz e Yair Lapid, dal partito di destra 'Yemina'. A sinistra, il Campo democratico (Meretz con l'ex ministro della difesa Ehud Barak) ha avvertito che "ogni provvedimento unilaterale di annessione arreca danno alla sicurezza di Israele ed impedisce la ripresa di negoziati”.

Ira dei palestinesi

Molto duri i toni dalla Palestina: il segretario generale dell'Olp Saeb Erekat ha denunciato che "se a Netanyahu sarà consentito di attuare i suoi piani di annessione, seppellirà ogni speranza di pace tra israeliani e palestinesi". Poco prima del discorso lo stesso premier palestinese Mohammad Shtayyeh aveva avvertito: "La terra di Palestina non fa parte della campagna elettorale di Netanyahu. Il premier israeliano - ha accusato - è il principale distruttore del processo di pace, e qualsiasi sua follia si rifletterà negativamente su di lui a livello locale e internazionale".

Turchia e Giordania contro Netanyahu

All’estero, Turchia e Giordania hanno bocciato i piani del premier israeliano. Per il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu "la promessa di Netanyahu, che invia messaggi elettorali illegali ed aggressivi, è quella di uno Stato razzista con l'apartheid". Per Ayman Safadi, ministro degli Esteri giordano, la mossa "spingerebbe l'intera regione verso la violenza”.

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