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Turiste uccise in Marocco, condannate a morte tre persone

Mondo

Oltre alle tre pene capitali, il processo per l'uccisione e la decapitazione delle giovani ha portato a 21 condanne, da 5 anni di reclusione all'ergastolo: gli imputati hanno tra i 20 e i 31 anni 

Si è concluso con tre condanne a morte e un ergastolo il processo in Marocco per il duplice omicidio di due turiste scandinave: lo scorso dicembre le due giovani, Louisa Vesterager Jespersen, studentessa danese di 24 anni, e la sua amica Maren Ureland, norvegese di 28, furono uccise e decapitate mentre facevano campeggio alle pendici del monte Toubkal, a 70 chilometri da Marrakech. Il duplice delitto sconvolse l'opinione pubblica. I condannati a morte sono il presunto capo di un gruppo jihadista, Abdessamed Ejjoud, e due suoi compagni. Le condanne a morte rimarranno con ogni probabilità in sospeso. In Marocco, infatti, l'ultima esecuzione risale al 1993. La sentenza è stata emessa da una Corte di Salè, che ha così accolto le richieste dell'accusa per gli esecutori materiali.

I condannati

Oltre ai condannati a morte, il processo ha portato a condanne di altri 21 imputati, da cinque anni di reclusione all'ergastolo. Gli imputati hanno età comprese tra i 20 e i 31 anni. A vario titolo tutti sono stati ritenuti complici dei principali indagati, ovvero di Abdessamad Ejjoud, considerato il cervello della cellula terrorista, autore materiale del delitto di una delle due ragazze, Younes Ouaziyad, che ha ammesso di aver ucciso l'altra studentessa, e Rachid Afatti, che ha filmato la scena. A loro tre è stata comminata la pena di morte. Abderrahim Khayali, il quarto uomo, l'autista che si è allontanato al momento del delitto, ha avuto l'ergastolo. A vario titolo i 24 erano tutti accusati di "costituzione di banda per preparare e commettere atti terroristici, omicidio premeditato, possesso d'armi, tentativo di fabbricare esplosivi, nel quadro di un progetto collettivo che voleva portare grave attentato all'ordine pubblico". Tra i colpi di scena del processo, anche la "chiamata in causa della responsabilità di Stato", obbligato ad "assicurare protezione a cittadini e turisti", avanzata dalle parti civili per indennizzare le famiglie delle due vittime.

La dinamica del duplice omicidio

Era la notte tra il 16 e il 17 dicembre quando a una settantina di chilometri da Marrakech, le due studentesse scandinave furono uccise alle pendici del monte Toubkal. Le due ragazze, da sole e senza l'accompagnamento di una guida, stavano tentando la scalata alla cima più alta del Nord Africa. Raggiunte nella notte, al bivacco di fortuna, da quattro uomini, furono uccise e decapitate. I loro corpi sono stati trovati la mattina seguente, da un pastore, a poca distanza dalla tenda, nella piana dove si erano accampate.

Probabilmente la pena di morte sarà sospesa

Le tre condanne a morte comminate dalla Corte d'assise d'appello di Salè rimarranno con ogni probabilità in sospeso, come tutte quelle comminate negli ultimi 20 anni. L'ultima esecuzione risale al 1993: è quella di un alto funzionario di polizia condannato per abuso di potere e stupri seriali. Il Marocco da allora osserva di fatto una moratoria delle esecuzioni. Da quando poi il 23 luglio 1999 è salito al trono, re Mohammed VI non ha mai firmato un decreto di esecuzione. Il diritto alla vita è sancito come principio fondamentale dalla Costituzione marocchina, entrata in vigore nel 2011. Tutto il sistema giudiziario del Marocco è interessato da un grande progetto di riforma, avviato nel 2013. Il nuovo codice dovrebbe ridurre a 5 i reati per cui è prevista la condanna capitale: al momento sono invece 16. In tutte le carceri marocchine, secondo i dati più recenti che risalgono al 2018, sono 115 i condannati nel braccio della morte. Quando il re concede provvedimenti di grazia o indulto, le eventuali condanne a morte vengono convertite in ergastolo.

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