Il premier, leader del partito Bjp, si riconferma a capo del Paese con una vittoria schiacciante. Religione ed economia sono le principali preoccupazioni della popolazione che ha scelto un leader forte per guidarla. Sconfitta bruciante per le opposizioni
Il premier indiano Narendra Mondi ha trionfato alle elezioni generali nel suo Paese, smentendo così gli exit poll e le proiezioni che nei giorni scorsi lo davano vincente ma nettamente ridimensionato rispetto al 2014. Modi, leader del partito nazionalista Bjp, ha commentato: "Mi inchino al Paese di un miliardo e 300mila persone che mi ha dato fiducia. Insieme costruiremo un'India ancora più forte e inclusiva", e ha ringraziato gli elettori per la straordinaria vittoria elettorale.
Religione e economia al centro delle preoccupazioni
I risultati, resi noti alla fine della lunga maratona elettorale che ha portato a votare circa 900 milioni di persone (FOTO), hanno dunque premiato lo spirito nazionalista del Paese. Una scelta dietro cui si intravedono le crescenti preoccupazioni di una popolazione divisa dalla religione, con i circa 170 milioni di musulmani in tutto il Paese che hanno dichiarato di temere il crescente integralismo indù. Ma anche le ansie per le difficoltà dell'economia, per la disoccupazione che infierisce sui più giovani e per la situazione sempre difficile degli agricoltori.
La vittoria del leader forte
Abbastanza a sorpresa, dunque, la proposta di Modi, il politico self-made arrivato alla guida della più grande democrazia del mondo dalla strada, dove vendeva tè, ha stregato gli indiani. Che hanno votato più che per il partito, per lui, leader forte, e per la sua proposta di un'India nazionalista e induista, all'insegna dell’orgoglio e della forza, di promesse di sicurezza, contro il terrorismo e contro il nemico numero uno, il Pakistan, e per un'economia rampante dai connotati capitalisti e iperliberisti. Modi ha così portato il Bjp a conquistare, da solo, oltre 300 dei 543 seggi della Lok Sabha. Un successo epocale, anche perché nella storia del Paese dall'Indipendenza è accaduto solo altre due volte che un governo venisse riconfermato dopo il primo mandato: con Nehru e con Manmohan Singh.
La sconfitta dell’opposizione
Poca fortuna invece per l'opposizione: la Mahaghtbandhan, la grande alleanza dei partiti regionali, che secondo molte previsioni avrebbe dato filo da torcere in Uttar Pradesh, lo stato chiave nel cuore del Paese, si è aggiudicata solo 16 seggi, a fronte dei 62 del premier. Chandrababu Naidu, storico governatore dell'Andrha Pradesh, non è stato rieletto e si è già dimesso. Persino Mamata, la donna forte della politica del Bengala, esce ridimensionata dalle elezioni.
Il destino del Congresso Nazionale Indiano
Infine, anche lo storico partito di centrosinistra, il Congresso Nazionale Indiano, nonostante 7 seggi in più conquistati rispetto al 2014, subisce una sconfitta bruciante: nella circoscrizione di Amethi, tradizionale roccaforte della famiglia Gandhi per 30 anni, Rahul deve cedere il seggio a Smriti Irani, ministra, candidata del partito di Modi. Gandhi ieri ha ammesso la sconfitta, dicendo che se ne assume tutta la responsabilità, e ha detto che rispetterà la scelta degli elettori. Il figlio di Sonia Gandhi ha aggiunto che il Congresso continuerà la battaglia: "È una lotta di idee, e di valori, contro ogni estremismo, per il rispetto delle minoranze e per la giustizia sociale". Ma per il partito della famiglia Gandhi, "la Dinastia", come la definisce Modi, i risultati sono impietosi: oltre alla perdita ad Amethi, in 18 dei 29 stati del Paese non ha avrà neppure un parlamentare. Il partito potrà vantare 51 parlamentari invece dei 44 del 2014, ma è scomparso nell'est, e ha riportato una vittoria minima nel Telangana.