L’attrice e attivista ha lanciato la proposta su Twitter contro la legge in Georgia: “Stanno cancellando i nostri diritti riproduttivi. Scioperiamo fino a che non avremo di nuovo autonomia sui nostri corpi”. Sui social sostegno ma anche critiche
Uno "sciopero del sesso" per protestare contro la nuova legge della Georgia che vieta l'aborto non appena si possa individuare il battito del feto, ossia dopo circa sei settimane. È la proposta lanciata dall'attrice e attivista del movimento MeToo, Alyssa Milano, con l'hashtag #SexStrike. Ma sui social l’idea ha incassato, insieme a molte adesioni, anche diverse critiche. C'è infatti chi sostiene che si tratti di un'idea sessista e che nega il piacere delle donne.
“Per l’autonomia sui nostri corpi”
Il tweet di Alyssa Milano è arrivato quattro giorni dopo che la Georgia è diventata il quarto Stato americano, quest’anno, ad abolire l’aborto quando viene rilevata l’attività cardiaca del feto (con l’eccezione di rischi per la vita o la salute della madre). “Stanno cancellando i nostri diritti riproduttivi. Finché le donne non avranno il pieno controllo legale sui propri corpi non possiamo rischiare di rimanere incinte. Unitevi a me nello sciopero del sesso fino a che non avremo indietro l’autonomia sui nostri corpi”. E ancora: “Proteggete le vostre vagine, signore. Gli uomini in posti di potere stanno cercando di legiferare su di loro”. In precedenza, l’attrice aveva anche invitato l’industria cinematografica e televisiva a sospendere i propri progetti in Georgia (tre compagnie hanno già lasciato lo Stato).
Le critiche sui social
Molti i messaggi di sostegno per la proposta dell’attrice. Ma si registrano anche numerose critiche. “Un peccato perché, ancora una volta, si usa il sesso come un’arma, un mezzo per ottenere ciò che si vuole”, è la risposta di un’utente su Twitter. “Vivere sotto il patriarcato mi ha già derubato della sicurezza, dell’autonomia, delle opportunità e della fiducia nelle istituzioni. Ora dovrei anche rinunciare al sesso e far finta che sia solo un mezzo di contrattazione per le donne”, è la critica di un’altra.