Arte o marketing, genio della provocazione o schiavo del sistema. Nessuno ha la risposta, intanto i londinesi hanno fatto la fila per ore per vedere la neo-creata opera. Cronaca di una critica assolutamente di parte, e decisamente di cuore.
Cosa sia l'arte, quali le sue caratteristiche, quale la sua funzione, sono domande senza risposta univoca. Ma se l'arte deve fare riflettere sulla realtà e sognare un mondo migliore, se deve sfidare il potere e dare voce a chi non ne ha, se deve essere accessibile potenzialmente a tutti e parlare a vari livelli di profondità usando diversi significati di una stessa lingua, ecco in questo caso quella di Banksy è certamente arte. E quello che è accaduto la scorsa settimana al termine dell'asta che, da Sotheby's, ha visto la vendita per più di un milione di sterline di Girl With Balloon è un'installazione estemporanea che ha trasformato un'opera d'arte in un'altra opera d'arte, usando la sorpresa come strumento di comprensione, e provocando attraverso un processo di annullamento e rinascita.
Immaginava certamente, l'artista senza identità più famoso del Regno, quale sarebbe stato il risultato. Non l'imbarazzo della casa d'aste e la fuga dell'acquirente, non una battaglia legale su diritti e doveri, ma molto semplicemente pubblicità per lui e il valore dell'opera raddoppiato. Ma - chiamatemi romantica - non credo che sia stato questo il suo obiettivo.
Piuttosto, credo che volesse ancora una volta stupire. Riaffermare il potere dell'artista-creatore su un mercato che è sempre più rigido nel dettare le regole e che, per molti, di fatto uccide la creatività rendendola schiava del marketing. Ricreare un legame diretto con lo spettatore. E fare tutto questo attraverso la parziale distruzione materiale dell'opera stessa e attraverso lo stupore degli spettatori che, in quel momento specifico, mentre il suono del martello ancora risuonava nella sala, hanno visto la tela iniziare a scendere, sparire nella cornice, restituirsi agli sguardi ancora pienamente riconoscibile ma definitivamente tagliata a strisce, opportunamente stoppata a metà in questa marcia di trionfale annichilazione: con il cuore che vola via, e il volto della bambina nascosto agli sguardi.
Ha scommesso, Banksy, e (ancora una volta) ha vinto. Love Is In The Bin, come si chiama adesso, stupisce e affascina non tanto per quello che è ma per come è diventato quello che si vede adesso. Stupisce e affascina perché è una sfida pungente e una provocazione gioiosa. E' un simbolo non solo di resistenza ma di opposizione attiva al sistema, ottenuta attraverso lo sfruttamento di quelle stesse regole che vorrebbero ingabbiare l'arte - o la libertà.
A questo pensavo domenica, mentre insieme a centinaia (migliaia?) di londinesi più o meno d'adozione ho fatto la fila sotto la pioggia battente per entrare da Sotheby's. Perché la casa d'aste certamente ha saputo reagire con stile e tempismo: apertura ed esposizione straordinaria al pubblico nel week end, tutto è pubblicità.
Per arrivare al metal detector che proteggeva l'ingresso della Wilson Gallery c'è voluta un'ora; non era permesso fermarsi per più di due minuti. E nessuno lo ha fatto: il tempo per una foto veloce, uno sguardo stupito, e un sorriso complice. Perché non si può non sorridere, quando si guarda quel palloncino volare via.