Calendario alla mano, le tappe e gli ostacoli sulla via della Brexit. Perché il 29 marzo 2019 il Regno Unito uscirà dall'Unione europea ma non si sa ancora come. E qualcuno si chiede anche perché.
Normalmente non condivido le dichiarazioni di Jeremy Corbyn sulla Brexit. Ovviamente le riporto per dovere di cronaca, ma so che potrebbero diventare il contrario nel giro di pochi giorni nel tentativo di accontentare più fronti possibili, e nella certezza di parlare da una rassicurante opposizione; soprattutto, ricordo le posizioni estremamente critiche e storicamente costanti del leader laburista sull'Unione europea e credo che chi ha sperato di vederlo guidare i Remainers si sia illuso sapendo di illudersi. Eppure, non posso che sottoscrivere le parole con cui, alla Camera dei Comuni, ha aperto la sua risposta all'intervento-aggiornamento di Theresa May sullo stato dei negoziati: "sembra di essere nel giorno della marmotta". Onestamente, è difficile dargli torto.
I progressi, che pure ci sono, sono tecnici, minuziosi e vari. Poco sexy, direbbe qualcuno. Al contrario gli ostacoli, che nonostante mesi di lavori rimangono, sono ben visibili, squisitamente politici e sempre gli stessi. Uno su tutti la questione del confine irlandese, ovvero la necessità per Downing street di preservare l'unità del Regno garantendo allo stesso tempo l'assenza di un confine fisico sull'Isola di Smeraldo. Da questo nodo discende la questione dell'appartenenza all'unione doganale, la capacità di chiudere confini più o meno fisici e firmare accordi commerciali indipendenti; da questo nodo discende la Brexit nella sua essenza, a voler essere onesti.
Oggi la May, tra le risate dei presenti, ha ammesso queste difficoltà; ma, nonostante un week end di riunioni last minute e compromessi sfiorati, ha ripetuto che lo spazio per chiudere un "buon accordo per il futuro del Regno" c'è. Questo spazio però passa per un calendario, perché il tempo comincia a scarseggiare.
La certezza, il vertice di mercoledì.
Mercoledì sera, a Bruxelles, i capi di stato e di governo dell'Unione europea si vedranno per una cena dedicata proprio al tema della Brexit. Prima ascolteranno Theresa May, poi discuteranno a 27. Infine, ci sarà la lunga notte degli Sherpa.
Opzione A: "Love Is In The Air"
Se i leader saranno riusciti a sciogliere i nodi e superare gli ostacoli a livello politico, i tecnici - nella migliore delle tradizioni comunitarie - avranno una lunga notte per mettere nero su bianco almeno il grosso dei mille dettagli, lasciando così ai capi la possibilità di cantare vittoria dando appuntamento, per la firma formale, a un Vertice straordinario che, già lo sappiamo, potrebbe essere convocato a metà novembre.
Opzione B: "Parole, parole, parole"
Se, al contrario, si dovesse registrare un nulla di fatto al termine della cena e dei successivi giorni di vertice, ufficialmente non dedicati alla Brexit ma che dalla Brexit potrebbero essere sequestrati, è probabile che ci si appellerebbe a, al momento non previsti, tempi supplementari. Anche in questo caso ci si potrebbe rivedere a novembre, sperando che l'acqua alla gola aiuti la riflessione e la chiusura del cerchio.
Opzione C: "Game Over"
O, improbabile ma non impossibile, ci si potrebbe arrendere al no-deal. Quello che tutti minacciano, e tutti temono.
Ma "del doman non v'è certezza"
Anche se i 28 dovessero trovare un accordo, tra questo mercoledì e l'ipotetico vertice straordinario di novembre, la spada di Damocle del no-deal rimarrebbe presente. Perché qualsiasi testo dovrà avere il via libera del Parlamento europeo, e soprattutto di un Westminster in assetto di guerra.
La famosa partita di poker di cui parlavamo qualche giorno fa è ancora in corso, nessuno si è ancora chiamato fuori, nessuno ha ancora chiamato il bluff dell'avversario. Ma prima o poi i giocatori dovranno calare le carte. Il rischio di una bocciatura dell'accordo e di una crisi di governo rimane, le conseguenze sono imprevedibili.
Intanto, "c'è chi dice (ancora) no"
Perché la settimana che, parole della May, apre la fase finale dei negoziati non si chiuderà a Bruxelles, ma a Londra. Appuntamento sotto il Parlamento sabato alle 14 dopo una marcia per le strade della capitale, un'unica richiesta - fateci votare sull'accordo finale -, un unico sogno: fermate la Brexit. Arriveranno da tutto il paese, sanno che è difficile se non impossibile, ma non intendono arrendersi.