Kavanaugh, il #metoo arriva alla Corte Suprema

Mondo

Giovanna Pancheri

Brett Kavanaugh e Donald Trump
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In questi giorni negli Stati Uniti i riflettori sono puntati sulle accuse di molestie sessuali mosse da una ex compagna di liceo nei confronti del Giudice Brett Kavanaugh scelto da Trump per la Corte Suprema

« Le donne che accusano uomini, in particolar modo uomini potenti, di molestie sono spesso messe di fronte alla realtà che gli uomini, come gruppo, si sentono più importanti delle donne», parole di Anita Hill, la donna che nel 1991 rischiò di far saltare la nomina di Clarence Thomas come giudice della Corte Suprema voluta dall'allora presidente George H. W. Bush. In questi giorni, nei media americani si sprecano i paralleli tra la Hill e Christine Blaisy Ford la professoressa universitaria che sta mettendo in difficoltà Brett Kavanaugh designato da Donadl Trump per l'Alta Corte. La Hill assistente di Thomas denunciò le continue battute e i doppi sensi con cui il giudice la metteva in imbarazzo, una pratica che stando ad altre testimonianze, Thomas era solito portare avanti con buona parte delle afroamericane giovani e di bella presenza che lavoravano nel suo ufficio. Ma la Hill fu la sola a trovare il coraggio di trasformare quelle che erano state fino a quel momento solo voci, in accuse concrete andando anche a testimoniare di fronte al Senato. Alla fine però Thomas passo comunque il vaglio del Congresso tanto che tutt'oggi è uno dei 9 componenti della Corte Suprema.
Gli incarichi infatti durano a vita ed è per questo che il processo di conferma di Kavanaugh, 53 anni, cattolico, sposato con due figlie, destinato a far pendere gli equilibri della Corte verso posizioni più conservatrici, viene seguito con grande interesse, ma se fino alla scorsa settimana ad essere passati al setaccio erano i suoi ideali adesso in gioco c'è la sua condotta morale. Secondo la versione della Ford una sera d'estate di 36 anni fa, l'allora diciassettenne Kavanaugh, la assalì ubriaco durante una festa del liceo insieme ad un suo amico, spingendola su un letto e provando a toglierle i vestiti. Lei riuscì a divincolarsi e a scappare dopo essersi rifugiata in bagno, ma quell'episodio di violenza - ha spiegato al Washington Post - l'ha segnata per sempre condannandola anche da adulta ad avere problemi in tutte le sue relazioni. Fatti su cui aveva comunque deciso di tacere fin quando non ha visto Kavanaugh in corsa per un incarico così importante. A quel punto, scrive Ford nella lettera indirizzata alla Senatrice democratica Dianne Feinstein «mi sarei sentita in colpa da cittadina se non avessi detto nulla». In un primo momento, proprio come la Hill, la Ford si era detta disponibile a raccontare la sua storia anche di fronte alla commissione giustizia del Senato che sta valutando la nomina di Kavanaugh, dove era attesa per lunedì 24 settembre. Nelle ultime ore però la donna ha deciso di ritrattare sottolineando che prima di testimoniare di fronte al Congresso vuole che sia portata avanti un'inchiesta dell'FBI rispetto alle sue accuse forte anche del fatto che prima di uscire pubblicamente con questa storia si è sottoposta alla macchina della verità e che esistono referti medici dei terapisti che l'hanno avuto in cura in questi anni tra cui uno del 2013 in cui si sottolinea il trauma per un tentato stupro subito da adolescente. A differenza però del caso Hill, su Kavanaugh non pesano altri sospetti anzi viene riconosciuto come un uomo che nella sua carriera ha spesso aiutato le donne nominandole sotto la sua supervisione a posizioni di spicco e sostenendo il loro percorso professionale, non a caso 65 sue colleghe e collaboratrici hanno fatto arrivare al Senato una lettera in cui lo difendono. Lo stesso Presidente Trump ha parlato di accuse ingiuste seppure ha precisato che è importante che la Ford sia ascoltata. Kavanaugh, da parte sua, nega la veridicità di ogni accusa, ma oltre a proclamare la sua innocenza, in nessuna delle sue dichiarazioni, si ritrova anche una riflessione di solidarietà nei confronti delle donne soggette a violenza come d'altronde, tali attenzioni, non si ritrovavano neanche nelle parole del giudice Thomas ai tempi del caso Hill, tempi in cui però esistevano le molestie, gli abusi, le menzogne, le denunce, ma non il #metoo.  

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