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Chi è Jimmie Akesson, il leader della destra populista svedese

Mondo
Jimmie Akesson in un comizio (Ansa)

Il 39enne sovranista, capo del partito SD (Svezia Democratica), ha ripulito il movimento dalle posizioni più estreme e oltranziste, scegliendo un programma anti-immigrazione e anti-Ue. Nella tornata del 10 settembre, sua quarta candidatura, ha ottenuto il 17% dei voti

Le elezioni in Svezia hanno portato il partito SD, gli Svedesi Democratici, al terzo posto dietro ai Socialdemocratici e i Moderati. La formazione della destra populista ha ottenuto un risultato vicino al 18%, exploit storico, e può diventare l'ago della bilancia per la maggioranza parlamentare. La destra radicale sovranista, anti-immigrati ed euroscettica guidata da Jimmie Akesson è cresciuta del 4,7%, ma non ha raggiunto i risultati previsti dai sondaggi che la davano al 25%. Ma chi è il leader del partito che ha spaventato Bruxelles e Stoccolma?

Partito nato nel 1988

I Democratici di Svezia (o Svedesi Democratici, in lingua originale Sverigedemokraterna), più noti con la sigla SD, sono un partito di chiara matrice nazionalista, nato nel 1988 dall’unione di varie forze dell’estrema destra locale. Da subito si contraddistingue per le battaglie contro l’immigrazione e l’islamizzazione, da contrastare con politiche improntate alla difesa della cultura svedese. Con gli anni il partito ha rinunciato alle idee più oltranziste, trasformandosi in un movimento anti-europeista che mira al controllo dell’immigrazione. Nel 2010 SD è entrato per la prima volta in Parlamento, ottenendo 20 seggi, nel 2014 ha raddoppiato i consensi in patria e ha anche conquistato due scranni all’Europarlamento.

Chi è Akesson?

Jimmie Akesson, 39 anni, è figlio di un manager e di un’assistente sociale. È un web manager ed è entrato in politica molto giovane: la sua militanza in SD è iniziata nel 1995. Dieci anni dopo, nel 2005, è stato eletto alla guida del partito e ha dato vita a una serie di iniziative per renderlo “più presentabile” agli occhi degli elettori: ha mandato via gli esponenti più estremisti (compresa la suocera, rivela il Corriere della Sera, che aveva espresso posizioni antisemite) e ha cambiato il simbolo della formazione, da una torcia al rassicurante fiorellino coi colori della bandiera svedese.

L’ascesa di Akesson

Grazie a questa strategia, Akesson ha portato il partito a una costante ascesa. Dopo l’ingresso in Parlamento, nel 2010, ha puntato su un’agenda politica conservatrice e critica nei confronti del sistema di welfare, che lui vorrebbe destinare solo in maniera prioritaria agli svedesi “nativi”. Quella del 2018 è la sua quarta candidatura alle elezioni politiche. La campagna elettorale è stata incentrata sulla difesa dei valori tradizionali e sulla protezione sociale, sulle critiche feroci alle politiche migratorie del governo. Hanno promesso, se fossero andati al potere, un referendum per uscire dall'Unione Europea (Swexit) e di destinare i soldi attualmente spesi per l'accoglienza nel sistema sanitario nazionale. I comizi di SD si sono contraddistinti spesso per i toni violenti e le parallele manifestazioni di protesta di chi li considera dei fascisti xenofobi. Lo slogan di Akesson, “La Svezia agli svedesi”, uno “Sweden First” di matrice trumpiana, è stato affiancato da continui proclami contro le gang magrebine di periferia, usando spesso i numeri in aumento degli stupri. Le urne hanno premiato SD con un ulteriore balzo di preferenze, ma il preventivato sfondamento non c’è stato.

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