Il Pontefice, con un "rescritto" a firma del cardinale Luis Ladaria, stabilisce che, alla luce di quanto recita il Vangelo, la pena capitale non è accettabile "perché attenta all'inviolabilità e dignità della persona"
Papa Francesco revisiona il Catechismo della Chiesa cattolica e, con un "rescritto" a firma del cardinale Luis Ladaria, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, stabilisce che alla luce del Vangelo e di quanto insegna la Chiesa cattolica, "la pena di morte è inammissibile perché attenta all'inviolabilità e dignità della persona, e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo". Una lettera dell'ex Sant'Uffizio è stata inviata ai vescovi con la nuova versione.
Messi a punto sistemi più efficaci che danno possibilità di redenzione
Il rescritto, che verrà pubblicato oggi sull'Osservatore Romano dopo l'udienza del Papa al card. Ladaria dell'11 maggio scorso, stabilisce che il nuovo n. 2267 del Catechismo della Chiesa cattolica reciti come segue: "Per molto tempo il ricorso alla pena di morte da parte della legittima autorità, dopo un processo regolare, fu ritenuta una risposta adeguata alla gravità di alcuni delitti e un mezzo accettabile, anche se estremo, per la tutela del bene comune. Oggi è sempre più viva la consapevolezza che la dignità della persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi. Inoltre, si è diffusa una nuova comprensione del senso delle sanzioni penali da parte dello Stato. Infine, sono stati messi a punto sistemi di detenzione più efficaci, che garantiscono la doverosa difesa dei cittadini, ma, allo stesso tempo, non tolgono al reo in modo definitivo la possibilità di redimersi. Pertanto la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che 'la pena di morte è inammissibile perché attenta all'inviolabilità e dignità della persona', e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo".
La precedente revisione di Papa Giovanni Paolo II
La precedente versione del n. 2267, risalente al Catechismo approvato da papa Wojtyla negli anni '90, aveva invece la seguente stesura: "L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana. Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti".