Michael Cohen non è Roy Cohn

Mondo

Giovanna Pancheri

Michael Cohen

L'ex avvocato personale di Donald Trump, Michael Cohen avrebbe registrato una conversazione all'insaputa del suo cliente, una scorrettezza che lo storico legale di Trump, il leggendario Roy Cohn non avrebbe mai fatto

Il 15 luglio è andata in scena a Broadway l'ultima replica di uno spettacolo che ha avuto molto successo in questa stagione teatrale: il rifacimento di Angeli in America d Tony Kushner interpretato tra gli altri da Andrew Garfield, lo Spiderman cinematografico. Lo spettacolo racconta il dramma dell'Aids nella New York anni '80 e si districa fra personaggi di fantasia e personaggi realmente esistiti. Tra questi c'è Roy Cohn definito ad un certo punto da uno dei protagonisti "il peggior essere umano che sia mai vissuto". Roy Cohn morì a 59 anni a New York nel 1986, sconfitto dall'Aids che si rifiutava di ammerttere di avere perchè avrebbe voluto dire riconoscere pubblicamente la sua omosessualità. Fino all'ultimo ha raccontato di essere malato di cancro al fegato, ma più che la morte ad impressionare di Roy Cohn è la vita. Lui è stato il primo storico avvocato di Trump, quello che il Presidente ancora oggi rimpiange per la sua lealtà, la sua durezza, la sua scaltrezza, perchè Roy Cohn non era un qualsiasi uomo di legge. Si laureò a vent'anni e ancor prima di compierne 25, grazie al ruolo fondamentale che giocò in alcuni processi contro spie dell'allora unione sovietica, attirò l'attenzione di Joseph McCarthy con cui collaborò fino al 1954 nelle controverse attività anticomuniste portate avanti dal Senatore. Si trasferì poi a New York dove aprì il suo studio che raccolse clienti illustri dagli New york Yankees, passando per mafiosi del calibro di John Gotti fino ovviamente a Donald Trump che arrivò da lui appena ventisettenne alle prese con una causa per presunte discriminazioni nei suoi appartamenti e nei suoi palazzi in New Jersey nei confronti di affittuari di colore. Anche se Trump non lo ha mai riconosciuto pubblicamente come un suo mentore molti degli atteggiamenti del Presidente sembrano disegnati proprio da Roy Cohn che aveva poche ma semplici regole: "non chiedere mai scusa, contrattacca ferocemente, nega tutto, non pagare i creditori, manipola i giornali". Un uomo durissimo e poco trasparente, ma di grande fiducia e intelligenza per Trump che dopo la sua morte faticò a trovare qualcuno che prendesse il suo posto. Alla fine circa dieci anni fa è arrivato Micheal Cohen, un pitbull secondo chi lo conosce, capace certo come Roy Cohn di intimidire e fare la voce grossa, ma la cui ferocia, a differenza di quella di Cohn non è costruita su pilastri solidi come cultura e raffinata intelligenza e a dimostrarlo c'è anche la scorrettezza con il cliente. Notizia di questi giorni sono le registrazioni segrete di alcune conversazioni con Trump fra cui una in cui l'allora candidato repubblicano parlava con il suo legale di possibili pagamenti nei confronti di una ex modella di playboy che sostiene di aver avuto una relazione con Trump anni fa e già ci si domanda quante altre chiacchierate Cohen abbia registrato all'insaputa di Trump che sicuramente in queste ore ancor di più sta sentendo forte la mancanza del suo leggendario Roy Cohn.  

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