Aperti i 34 mila seggi in 14 mila centri di voto. Ma la popolazione è allo stremo. Fame, esodo e iperinflazione interessano più delle presidenziali. Il presidente uscente: "Chi definisce il Paese come una dittatura offende il popolo"
Poco più di 20 milioni di venezuelani alle urne per le elezioni anticipate nelle quali Nicolas Maduro punta ad essere rieletto presidente, un voto respinto come illegittimo da gran parte della comunità internazionale, e visto con apatia e rassegnazione dai cittadini comuni, stretti dalla morsa di una crisi economica diventata emergenza sociale. Alle 6 di questa mattina (le 12 in Italia) si sono aperti i 34 mila seggi in 14 mila centri di voto sparsi per tutto il Paese.
La situazione economica preoccupa i venezuelani
L'inflazione sta raggiungendo il 13.000%, il Pil è crollato del 31,9% in quattro anni, la produzione di petrolio - origine di oltre il 90% degli introiti del Paese - è ai minimi trentennali, e oltre un milione di venezuelani è scappato dal loro Paese negli ultimi 24 mesi, creando un flusso su tutta l'America Latina che preoccupa vari governi e l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Omi). Più della metà dei bond venezuelani sono in default tecnico, e il Paese deve coprire interessi sul suo debito estero per 5 miliardi di dollari nel prossimo biennio, ma quello che preoccupa la gente comune, più semplicemente, è che non c'è da mangiare. Con il governo che monopolizza la valuta estera e la trasferisce al pagamento del debito, e la produzione nazionale diventata poco meno che inesistente, le importazioni sono diminuite drammaticamente, soprattutto in due settori: alimenti e medicine, diventati introvabili e dunque carissimi. Il salario minimo, ripetutamente aumentato da Maduro, è ormai a un milione di bolivar, ma un chilo di pollo a Caracas costa oltre 3 milioni, se il consumatore è in grado di trovarlo, giacché scarseggia da mesi.
Maduro: "Dire che c'è la dittatura è un offesa al popolo"
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro è stato fra i primi a votare per le elezioni nelle quali è candidato, poco dopo l'apertura dei seggi, alle 6 del mattino (mezzogiorno in Italia). "Possono dire quello che vogliono di me, ma che dicano che il Venezuela è una dittatura è un'offesa al popolo", ha detto Maduro in una breve dichiarazione, dopo aver votato.
I seggi rimarranno aperti in tutto il paese fino alle 18 (mezzanotte in Italia). Maduro affronta le elezioni quasi senza rivali: il ruolo del candidato dell'opposizione (o "del Fmi e dell'oligarchia", come lo definisce il presidente) è occupato da Henri Falcon, un ex governatore chavista passato all'opposizione ma che ha rotto con il Tavolo dell'Unità Democratica (Mud), la coalizione antichavista che è stata esclusa dal voto per aver appoggiato l'astensione alle ultime elezioni locali.
Le perplessità internazionali sul voto
Per questi ed altri motivi - in primis il fatto che il voto è stato convocato dall'Assemblea Costituente, considerata da molti illegittima - non solo l'opposizione venezuelana ma anche gran parte della comunità internazionale ha annunciato che non riconosceranno il risultato delle elezioni. L'Alto Commissario Onu per i Diritti Umani, l'Unione Europea, gli Stati Uniti, la Santa Sede e il Gruppo di Lima (Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Guyana, Honduras, Messico Panama, Perù e Santa Lucia) hanno dichiarato che le elezioni non adempiono le condizioni necessarie per essere considerate trasparenti, giuste e democratiche. Ad appoggiare Maduro nella regione restano solo Cuba, Bolivia e Nicaragua, più alcune delle nazioni dei Caraibi, come Antigua e Barbuda, così come Cina e Russia - alleati politici ma anche principali creditori di Caracas - a livello globale.