Irlanda: tutto ciò che c'è da sapere sul referendum sull'aborto

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Una manifestazione a sostegno del diritto all'aborto del 2017 a Dublino (Foto: Archivio Getty Images)

Il 25 maggio 3,2 milioni di irlandesi voteranno sull'ottavo emendamento della Costituzione, che vieta di fatto l'interruzione della gravidanza. Una legge del 1983 che ogni anno costringe 3.500 donne a recarsi all'estero per abortire

Il prossimo 25 maggio 3,2 milioni di irlandesi saranno chiamati a pronunciarsi su uno dei referendum più importanti della storia del Paese: quello sull'interruzione della gravidanza.

Il voto del 25 maggio

Il quesito referendario chiederà agli elettori di pronunciarsi sull'ottavo emendamento della Costituzione irlandese, che protegge il "diritto alla vita del nascituro", eguagliandolo alla salute della madre. La norma, introdotta con un referendum il 7 settembre 1983 e promulgata esattamente un mese dopo, rende praticamente impossibile l'interruzione della gestazione. La legge ammette eccezioni solo in caso di rischio "concreto e reale" per la vita della madre, ma non in caso di stupro o malattie del feto e prevede pene fino a 14 anni per aborti illegali. Per questo, ogni anno circa 3.500 donne si recano nel Regno Unito per abortire e altre 2.000 ordinano pillole abortive illegali online. Alla vigilia del voto,  diversi sondaggi indicano che la maggioranza del Paese è a favore dell'abrogazione dell'emendamento. Un dato che, se confermato alle urne, rafforzerebbe un cambiamento profondo nel tessuto sociale di un Paese prevalentemente cattolico. Nel 1983 il Paese approvò alla norma con il sì del 67% dei votanti.

L'ottavo emendamento

L'ottavo emendamento costituzionale approvato nel 1983 recita: "Lo Stato riconosce il diritto alla vita del nascituro e, nel dovuto rispetto dell'eguale diritto alla vita della madre, garantisce nelle sue leggi di rispettare e, per quanto possibile, difendere e rivendicare tale diritto". Nel 2013 fu ammessa un'eccezione solo in caso di rischio concreto di vita della madre. Già nel 1992, invece, furono introdotti il tredicesimo e il quattordicesimo emendamento, con cui venne stabilito rispettivamente che il divieto non limitava la libertà di viaggiare dentro e fuori dallo Stato per interrompere la gravidanza e che il divieto non limitava il diritto di distribuire informazioni sui servizi abortivi all'estero.

Due casi importanti

Il dibattito sulla possibilità di abortire in Irlanda è stato profondamente segnato da due casi distinti scoppiati a vent'anni di distanza l'uno dall'altro. Il primo, del 1992, è noto come "Il caso X" e riguardò una ragazza quattordicenne rimasta incinta del suo stupratore. Alla giovane, che minacciava il suicidio, i magistrati impedirono con un'ingiunzione il diritto di recarsi nel Regno Unito per abortire. La Corte Suprema ribaltò la decisione del procuratore generale a favore della richiedente, invitando il governo a legiferare per consentire terminazioni quando la vita di una madre era a rischio, incluso un rischio legato alla possibilità di un suicidio. Nel 2012, il problema si ripresentò nel caso di Savita Halappanavar, una dentista di 31 anni, morta il 28 ottobre 2012 a causa delle complicazioni di un aborto settico alla 17esima settimana di gestazione. Dopo le complicazioni per la sua salute, Savita chiese di interrompere la gravidanza in ospedale, ma l'equipe medica che l'aveva in cura negò l'intervento perché non aveva diagnosticato l'infezione e non la riteneva in pericolo di vita.

Una legge salvavita

Nel 2013, proprio sull'onda del caso Savita, fu promulgato il "Protection of Life During Pregnancy Act", una legge che consente l'aborto limitatamente ai casi in cui la vita della madre è a rischio, incluso per una minaccia di suicidio. Nel caso di un rischio reale e sostanziale per la vita di una donna derivante da una condizione di salute fisica, un ginecologo e un secondo specialista devono concordare congiuntamente e certificare che la cessazione della gravidanza è l'unico trattamento che salverà la vita della gestante. Sono invece necessari tre specialisti quando la minaccia alla vita di una donna è a rischio per suicidio.

Le posizioni politiche sul referendum

"Together for Yes" (insieme per il sì) è lo slogan scelto dalla coalizione che sostiene il diritto all'aborto e dai vari gruppi pro-scelta che da anni sono mobilitati per l'abrogazione dell'ottavo emendamento in Irlanda. La loro azione ha portato a raccolte firme ed eventi di sensibilizzazione in tutto il Paese. Il partito di centrodestra Fine Gael ha dato libertà di voto sull'argomento, così come il partito repubblicano Fianna Fáil, che però è diviso fra il leader Micheal Martin favorevole all'abrogazione, e la maggior parte dei suoi compagni contraria. Gli indipendentisti di Sinn Féin sono per il "Sì" con la precisazione che la futura legislazione limiti il diritto di aborto entro le 12 settimane di gestazione. Stessa linea per i laburisti che sostengono anche le interruzioni nei casi di anomalie fatali. "Solidarity" e "People before profit" appoggiano la linea dell'abrogazione e supportano la scelta della donna, difendendo il diritto anche se esercitato in ritardo. Per il Partito dei Verdi via libera all'aborto senza restrizioni fino a 12 settimane e con scelta di un medico per interruzioni successive. La maggior parte del partito socialdemocratico sostiene l'abrogazione e la possibilità di abortire nel primo trimestre di gravidanza. Infine, l'Alleanza Indipendente non ha espresso una posizione ufficiale e i suoi esponenti sono divisi fra i due fronti.

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