Pronta a lasciare Cipro la nave Eni bloccata dalla marina turca
MondoLo ha annunciato il ministro dell'Energia cipriota. La "vessel" Saipem è ferma da due settimane dopo che navi militari turche l'hanno fermata al largo della costa dell'isola. L'ad di Eni Descalzi ha parlato del Marocco come possibile prossima meta per un'esplorazione
Marina turca "ha minacciato di usare la forza"
Lakkotrypis ha spiegato che la marina turca "ha minacciato di usare la forza" nei confronti della Saipem 12000 dopo un nuovo tentativo di raggiungere l'area prevista per le trivellazioni. Secondo la sua ricostruzione, le navi militari di Ankara si sono frapposte lungo il percorso di navigazione della piattaforma, costringendola a tornare indietro, malgrado il capitano abbia mostrato una "grande determinazione". La circostanza è stata confermata anche dal vice-portavoce del governo, che ha parlato di cinque navi turche coinvolte. Per il ministro di Nicosia, il caso rappresenta una battuta d'arresto che tuttavia non impedirà future perforazioni in cerca di idrocarburi da parte di Cipro.
La vicenda
Il presidente turco Erdogan, all'indomani della sua visita in Italia di inizio febbraio, si era detto contrario alle operazioni del gruppo Eni "nel Mediterraneo orientale”. "I lavori (di esplorazione) del gas naturale in quella regione rappresentano una minaccia per Cipro nord e per noi", aveva sottolineato Erdogan. L’azione della marina militare turca era stata poi confermata da Eni, che parlava del blocco della sua piattaforma da parte di "alcune navi militari turche con l'intimazione a non proseguire perché sarebbero in corso attività militari nell'area di destinazione". La vicenda rischia di provocare un’escalation di tensione fra Turchia e Cipro. Quest’ultima ha puntato il dito su Ankara e sul "fatto che le azioni della Turchia violano il diritto internazionale". Dalla controparte, attraverso il ministro degli esteri turco, sono arrivate critiche a Cipro per le esplorazioni di idrocarburi al largo delle sue coste, definite "unilaterali", che minerebbero "i diritti inalienabili sulle risorse naturali dei turco-ciprioti" e metterebbero “a repentaglio la stabilità della regione".