La pratica è stata già adottata in 200 scuole del Paese. Se da un lato i fautori ne elogiano i benefici sulla salute degli alunni, i detrattori la paragonano ad uno "strumento di tortura"
Giubbotti pieni di sabbia per combattere l’iperattività: è questa l’insolita pratica adottata da circa 200 scuole in Germania, che hanno deciso di far indossare gli indumenti, il cui peso può arrivare fino a 6 kg, ai bambini iperattivi. Nonostante i fautori della misura parlino di innegabili benefici per la salute, non sono mancate polemiche da parte dei genitori degli allievi, che la definiscono 'una tortura'.
La pratica
Il numero dei bambini affetti da disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività è in costante crescita in Germania. Proprio in virtù di questo problema, per calmare gli alunni più irrequieti, alcuni istituti hanno scelto di affidarsi a giubbotti imbottiti di sabbia, che in molti casi vanno a sostituire cure farmacologiche non sempre semplici da affrontare. Gli indumenti hanno un prezzo compreso tra 140 e 170 euro, mentre il loro peso oscilla tra gli 1,2 e i 6 kg: “ I bambini adorano indossarli, e nessuno li costringe a farlo. Questi giubbotti li aiutano ad avere un miglior senso di se stessi e a concentrarsi”, ha spiegato Gerhild de Wall, capo dell''unità per l'inclusione della scuola Grumbrechtstrasse di Amburgo, una delle prime ad adottare la misura. La donna ha dichiarato di aver avuto l’idea dopo un viaggio negli Stati Uniti, in cui simili capi d’abbigliamento sono usati per bambini autistici.
I detrattori
Non tutti, comunque, sono d’accordo sugli effettivi benefici dei giubbotti: “Sarebbe meglio evitare questi metodi di tortura. Come si può pretendere che un bambino indossi questi giubbotti punitivi che non solo lo costringeranno all’agonia fisica, ma lo renderanno anche ridicolo agli occhi del resto della classe?”, ha scritto un genitore su Facebook. Piuttosto scettici anche gli psichiatri, soprattutto perché non si possono conoscere gli effetti a lungo termine che la pratica potrebbe avere sui bambini. Michael Schlte-Markwort, direttore del reparto di psichiatria infantile nella clinica universitaria di Amburgo, la definisce invece una misura “eticamente discutibile”: “Sarebbe necessario concentrarsi di più sul problema di ogni singolo bambino, piuttosto che cercare un rimedio per cambiare il comportamento in modo che si adegui a quello della classe”, ha spiegato al Guardian.