Il presidente: "Decisione storica, gli alleati la rispettino". L'opposizione contesta il risulato del referendum costituzionale sul presidenzialismo e denuncia brogli
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha conseguito la tanto anelata vittoria nel referendum sul costituzionale (LA SCHEDA) che ha definitivamente sancito il passaggio della Turchia al presidenzialismo. Una data cruciale quella di oggi, perché a prescindere dal risultato era destinata a lasciare dietro di se un Paese diverso.
<blockquote class="twitter-tweet" data-lang="it"><p lang="it" dir="ltr">VIDEO: Turchia, cosa cambia con la vittoria del sì <a href="https://t.co/p6jS6OTbtN">https://t.co/p6jS6OTbtN</a></p>— Sky TG24 (@SkyTG24) <a href="https://twitter.com/SkyTG24/status/853688726702112768">16 aprile 2017</a></blockquote>
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I sì sono stati il 51,3%
La vittoria di misura (i sì sono stati il 51,3%), non certo il plebiscito cui aspirava, restituisce l'immagine di un Paese profondamente spaccato, nel quale, peraltro, i cambiamenti radicali previsti dalla vittoria del referendum presidenzialista entreranno in vigore solo a partire dalla prossima legislatura, vale a dire (lo prevede il 17esimo emendamento della riforma) dal 3 novembre 2019, data delle prossime elezioni legislative e presidenziali. Fino a quella data la Turchia resta a tutti gli effetti una repubblica parlamentare in cui il presidente convive con un premier, al momento, Binali Yildirim (Akp) ed un governo.
Erdogan: decisione storica
"La Turchia ha preso una decisione storica di cambiamento e trasformazione" che "tutti devono rispettare, compresi i Paesi che sono nostri alleati". Queste le prime parole di Recep Tayyip Erdogan, nel suo primo discorso dopo la vittoria. Simili le parole pronunciate dal premier Binali Yildirim, secondo cui quella di oggi "è una nuova pagina nella storia della nostra democrazia, il risultato verrà usato per garantire la pace e la stabilità della Turchia”. Poi, ha promesso di discutere con gli altri leader politici la reintroduzione della pena di morte in Turchia, che potrebbe essere oggetto di un nuovo referendum.
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Le opposizioni parlano di brogli
Le opposizioni, però, non ci stanno. I due principali partiti dell'opposizione curda, i repubblicani kemalisti del Chp ed i curdi dell'Hdp, contestano l'esito del referendum che trasforma la Turchia in repubblica presidenziale. L'Hdp sostiene che siano viziati i due terzi dei voti. "Abbiamo indicazioni di manipolazioni di per 3-4% dei voti" ha dichiarato il vice del Chp Bulent Tezcan mentre un altro esponente del partito kemalista, Erdal Aksunger, sostiene che potrebbe essere contestato fino al 60% dei voti. Al centro della contestazione ci sarebbero centinaia di schede non timbrate né vidimate che sarebbero state comunque conteggiate – e dunque ritenute valide - dal Consiglio elettorale supremo”.
Ad Ankara e Istanbul vince il "No"
Denunce, quelle delle opposizioni, che alla luce della vittoria risicata del “Sì”, assumono ancora più peso. Il primo grande risultato delle urne, infatti, è l’immagina di un Paese spaccato a metà. La situazione era sembrata ben diversa all’inizio dello spoglio, quando Erdogan sembrava avanzare a passi veloci verso la vittoria. Col passare dei minuti, però, e con l’arrivo dei risultati delle grandi città, la distanza tra il fronte pro-presidente e quello contro si è sensibilmente accorciata. Erdogan perde nella capitale e nella metropoli sul Bosforo, ed è la prima volta in assoluto, e se la sconfitta di Smirne non stupisce il sorpasso del 'no' ad Antalya, centro turistico del Paese è un dato su cui Erdogan avrà di che riflettere.
Voleva il presidenzialismo e presidenzialismo sarà, ma non sarà soddisfatto di una "vittoria mutilata", che gli consegna nelle mani un Paese sempre più diviso.