La vedova di Khalid Masood condanna, attraverso una nota diffusa da Scotland Yard, l'attacco sferrato dal marito il 22 marzo a Westminster. La dichiarazione arriva a un giorno di distanza da quella resa dalla madre del terrorista che aveva detto: "Non perdono le azioni di mio figlio"
È “addolorata e scioccata”. Sono questi i due aggettivi usati dalla moglie dell’attentatore di Londra, Khalid Masood, per descrivere il suo stato d’animo dopo l’attacco sferrato dal marito il 22 marzo a Westminster. La donna, che si chiama Rohey Hydara, ha voluto anche esprimere le condoglianze alle famiglie delle vittime. L’ha fatto attraverso una nota diffusa da Scotland Yard in cui condanna “totalmente” le azioni del marito. La vedova ha chiesto anche che venga rispettata la sua privacy, e soprattutto quella dei suoi figli, “in questo momento difficile”.
La madre del killer: "Non perdono le azioni di mio figlio" - Quella della vedova di Masood è la seconda dichiarazione in due giorni che arriva dalla famiglia dell’attentatore. Il 27 marzo aveva parlato anche la madre dell’uomo, Janet Ajao, che aveva affermato di non poter perdonare le atrocità commesse da suo figlio. La donna, che vive lontano da Londra, in Galles, si era detta “profondamente scioccata, rattristata e incredula” per quanto successo. “Da quando ho scoperto che è stato mio figlio il responsabile, ho pianto molte lacrime per le persone coinvolte in questo terribile incidente”, aveva detto Ajao in una dichiarazione diffusa dalla Metropolitan Police. “Vorrei che questo fosse assolutamente chiaro”, aveva poi aggiunto, “in modo che non ci possano essere dubbi: non perdono le azioni di mio figlio, né le credenze che l’hanno portato a commettere quest’atrocità”.
Masood e il mancato collegamento con l'Isis - Khalid Masood, nell’attacco sferrato il 22 marzo al parlamento britannico, ha ucciso quattro persone prima di essere abbattuto dai poliziotti arrivati sul luogo. L’Isis, dopo l’attentato, ha definito l’uomo come “un soldato dello Stato Islamico”, ma la polizia britannica non ha trovato prove che colleghino effettivamente Masood all’Isis. L’attentatore, piuttosto, si sarebbe radicalizzato in carcere, nel 2003, senza mai legarsi a un’organizzazione terroristica.