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Caso Kim, è scontro tra Malesia e Corea del Nord: cittadini bloccati

Mondo
Kim Jong-nam, fratellastro del dittatore nordoreano Kim Jong-un (Getty Images)

Pyongyang ha annunciato che 11 malesi non potranno più abbandonare il Paese fino a quando non verrà chiarito "l'incidente" capitato al fratellastro di Kim Jong-Un. Dura la replica di Kuala Lumpur, che farà altrettanto con un migliaio di Nordcoreani presenti sul suo territorio

La Corea del Nord ha fatto sapere che, in seguito allo scontro diplomatico con la Malesia seguito all'uccisione del fratellastro del dittatore nordcoreano, Kim Jong-Nam, impedirà agli 11 cittadini malesi presenti nei suoi confini di abbandonare il Paese. Il premier malese, Najib Razak, ha definito la mossa del regime comunista una la presa di “ostaggi”. E ha reagito con un provvedimento analogo che impedirà a un migliaio di cittadini nordcoreani di abbandonare la Malesia; buona parte di loro sono impiegati in lavori ad alto rischio, come nelle miniere.

 

Guerra di annunci - “A tutti i cittadini malesi nella Corea del Nord sarà temporaneamente proibito di lasciare il Paese finché l'incidente accaduto in Malaysia non sarà adeguatamente risolto”, si apprende da un funzionario del ministero degli Esteri nordcoreano citato dall'agenzia di stampa statale: “In questo periodo i diplomatici e i cittadini della Malesia possono lavorare e vivere normalmente alle stesse condizioni e nelle stesse circostanze di prima”, si aggiunge. Dura la replica di Kuala Lumpur: “Questo atto aberrante, tenendo i nostri cittadini in ostaggio, è in totale disprezzo di ogni legge internazionale e delle norme diplomatiche", si legge in una nota del premier Razak. Alla polizia malese, inoltre, sono state date istruzioni “per prevenire che tutti i cittadini nordcoreani in Malesia possano lasciare il Paese finché non sarà assicurata la sicurezza di tutti i malesi in Corea del Nord”.

 

Scontro aperto – Il blocco nordcoreano annunciato martedì riguarda appena 11 persone: tre impiegati dell'ambasciata, due funzionari delle Nazioni Unite e sei membri delle rispettive famiglie, ha comunicato il vice ministro degli Esteri malese Reezal Marican. Nei giorni scorsi entrambi i Paesi avevano già proceduto con l'espulsione dei rispettivi ambasciatori. Secondo la versione di Pyongyang la situazione non si sbloccherà fintantoché il caso dell'uccisione di Kim non sarà risolto “in modo imparziale”. La vicenda di Kim Jong-Nam, ucciso lo scorso 13 febbraio nell'aeroporto della capitale malese Kuala Lumpur con uno straccio intriso di gas nervino Vx, cambia radicalmente chiave di lettura secondo le interpretazioni dei due Paesi. Il fatto che fra i sospettati per l'assassinio fossero comparsi alcuni Nordcoreani aveva mandato su tutte le furie Pyongyang; secondo fonti di intelligence della vicina Corea del Sud, dietro alla morte del fratello del dittatore Kim Jong-Un vi sarebbe proprio un piano della sua stessa famiglia. Nei giorni scorsi Pyongyang aveva respinto i dati dell'autopsia, ipotizzando che la vera causa di morte per Kim fosse stato un attacco cardiaco. Al momento sono ufficialmente indagate nell'ambito delle indagini solo due donne, una vietnamita e un'indonesiana, che attualmente rischiano la pena di morte.

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