Trump: stop a ingressi da 7 Paesi musulmani. Primi ricorsi

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Un nuovo ordine esecutivo ha congelato per 120 giorni l'arrivo dei profughi sul territorio statunitense che provengono da Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan, Yemen. “La presenza di cittadini siriani è dannosa per il Paese” dice il presidente Usa. Preoccupazione di Google e Mark Zuckerberg

Giro di vite di Donald Trump sull'immigrazione e contro il rischio terrorismo in Usa. Il presidente degli Stati Uniti ha firmato decreti esecutivi che prevedono controlli rafforzati alle frontiere per fermare eventuali "terroristi islamici radicali". In particolare viene sospeso per 3 mesi l'ingresso negli Stati Uniti per i cittadini di  sette paesi musulmani: Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan, Yemen. "Questo decreto mi spezza il cuore", scrive Malala Yousafzai, la giovane attivista  pakistana vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel 2014. Critiche sono arrivate anche da Hollande e dalla Germania, così come da aziende americane come Google e Facebook. Alcuni cittadini provenienti dai sette paesi indicati  sono già stati fermati in alcuni aeroporti americani e, come scrive il New York Times, sono partite i primi ricorsi ai tribunali contro l'ordine esecutivo di Trump. Anche i possessori di una green card, il permesso di soggiorno permamente, possono vedersi rifiutato l'ingresso negli Stati Uniti. 

 

 

Ordini esecutivi - I decreti ordinano la sospensione dell'accoglienza ai rifugiati per 120 giorni in modo da poter esaminare i meccanismi di accettazione e assicurarsi che gli estremisti non mettano piede sul territorio statunitense. Inoltre, bloccano sine die l'ingresso di rifugiati siriani e sospendono per 90 giorni la concessione di visti a cittadini di sette Paesi a maggioranza musulmana con una storia di terrorismo.

E questo è solo l'inizio perché, come ha detto in un 'tweet' una dei consiglieri della Casa Bianca, Kellyanne Conway, Trump è un presidente "altamente energico" e "ad alto impatto"; e "Washington deve ancora adeguarsi".

 

<blockquote class="twitter-tweet" data-lang="it"><p lang="en" dir="ltr">High-energy, high-impact POTUS. Washington still adjusting. <a href="https://t.co/R2awrzrbDf">https://t.co/R2awrzrbDf</a>&mdash; Kellyanne Conway (@KellyannePolls) <a href="https://twitter.com/KellyannePolls/status/824981265006862342">27 gennaio 2017</a></blockquote><script async src="//platform.twitter.com/widgets.js" charset="utf-8"></script>

 

Stop accoglienza - "Vogliamo essere sicuri - ha detto il,45eseimo presidente degli Stati Uniti durante la cerimonia al Pentagono di investitura del segretario alla Difesa James Mattis - di  non avere nel nostro Paese le stesse minacce che hanno i nostri  soldati all'estero", e ha ammonito: "Non dimenticheremo mai la lezione dell'11 settembre".  Dopo i 120 giorni di sospensione dell'ingresso negli Stati Uniti per tutti i rifugiati, l'ordine esecutivo del presidente americano Donald Trump prevede di dare priorità a quelli appartenenti a minoranze perseguitate per motivi religiosi.


Hollande: "Mostrare fermezza nei confronti di Trump" - Dure le reazioni dal resto del mondo e da molte parti degli Stati Uniti. Il presidente francese, Hollande, ha invocato 'fermezza' da parte dell'Europa nei confronti del presidente americano e insieme alla Germania ha costituito un fronte comune per contrastare la decisione le presidente Usa. I ministri degli Esteri dei due Paesi, Jean-Marc Ayrault e Sigmar Gabriel, si sono incontrati e hanno deciso di incontrare Rex Tillerson, il segretario di Stato nominato. Ayrault ha detto che l'ordine di Trump di impedire a tutti i migranti di entrare negli Stati Uniti per almeno tre mesi - e indefinitamente per chi proviene dalla Siria - "può solo preoccuparci". Gabriel, al suo primo viaggio all'estero da quando ha sostiuito Steinmeier, ha sostenuto che offrire rifugio ai coloro che sono perseguitati e scappano dalla morte è un valore occidentale che Europa e Usa condividono. 
 

Google richiama i suoi dipendenti, la preoccupazione di Zuckerberg - Ma preoccupazione è stata espressa anche da due delle maggiori aziende tecnologiche americane. Google ha chiesto ai suoi dipendenti provenienti dai Paesi islamici di "rientrare negli Stati Uniti il prima possibile". Sundar Pichai, amministratore delegato di Google nato in India, ha precisato che più di 100 dipendenti dell'azienda sono colpiti dalla misura. "E' doloroso vedere il costo personale di questo ordine esecutivo sui nostri colleghi. Abbiamo sempre reso pubblica la nostra visione in materia di immigrazione e continueremo a farlo", ha affermato Pichai. Preoccupazione è stata espressa anche da Mark Zuckerberg che in un post su Facebook ha ricordato come gli "Stati Uniti sono una nazione di immigranti e ne dovremmo essere orgogliosi". Il fondatore del social network si è poi detto "preoccupato" dalla stretta sui migranti esortando Trump a mantenere aperti i confini degli Stati Uniti ai rifugiati che hanno bisogno di un rifugio sicuro. Anche Microsoft ha espresso preoccupazione e ha offerto assistenza legale a tutti i suoi dipendenti che provengono dai sette paesi indicati. 

Primi ricorsi ai tribunali contro ordine Trump
- Nel frattempo un gruppo di associazioni umanitarie americane hanno presentato ricorso a una corte federale newyorchese contro l'ordine esecutivo di Trump. Principale promotrice l'Aclu, l'American Civil Liberties Union, organizzazione privata molto potente, attiva soprattutto nella tutela delle libertà individuali.  L'iniziativa è scattata dopo il fermo, all'aeroporto 'John Fitzgerald Kennedy' di New York, di due iracheni. Secondo il quotidiano 'The New York Times', uno dei due in patria avrebbe lavorato dieci anni per l'amministrazione americana, in particolare per il consolato a Erbil, e anche per imprese private statunitensi; l'altro voleva solo riunirsi al figlio e alla moglie, a sua volta già alle dipendenze di un'azienda americana, ambedue muniti dello status di rifugiati.  Allo stesso giornale i rispettivi avvocati hanno assicurato che entrambi erano per di più muniti di regolare visto. L'Aclu e gli altri enti ricorrenti hanno comunque chiesto ai giudici di considerare l'istanza alla stregua di una 'class action', vale a dire un'azione collettiva destinata dunque a tutelare non soltanto i due singoli interessati, ma tutti i profughi e più in generale tutti gli stranieri colpiti dal controverso provvedimento del neo-presidente degli Stati Uniti. 

Compagnia olandese Klm blocca passeggeri  - La compagnia aerea olandese Klm ha rifiutato di imbarcare sette passeggeri direttinegli Stati Uniti in seguito all'ordine esecutivo firmato da Trump. "Il  vettore avrebbe voluto prendere i passeggeri, ma non ha senso farlo",  ha detto un portavoce di Klm all'agenzia di stampa olandese Anp, aggiungendo che i due passeggeri in partenza da Amsterdam e i cinque in partenza da altri terminal non sarebbero potuti rimanere negli Stati Uniti dopo l'atterraggio, pur avendo i visti validi per partire. La società sta ancora cercando di comprendere appieno gli effetti del  nuovo ordine e in che modo influenzerà le operazioni, ha detto il  portavoce, senza specificare l'origine dei passeggeri.

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