Strage Orlando: tre famiglie fanno causa a Facebook, Google e Twitter

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Strage di Orlando, il cordoglio di amici e parenti (Getty Images)
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Alcuni parenti delle 49 vittime della sparatoria nel locale gay "Pulse" accusano i colossi del web di aiutare i terroristi a diffondere la propaganda estremista

I social network aiuterebbero gli estremisti a diffondere informazioni e propaganda e per questo avrebbero delle responsabilità nelle azioni terroristiche dell'Isis. E' quanto sostengono i familiari di alcune delle vittime della strage di Orlando che, come ha reso noto Fox News, hanno fatto causa a Facebook, Twitter e Google. L'accusa, nei confronti delle tre società, è di aver fornito "supporto materiale" nella radicalizzazione di Omar Mateen, autore della strage, e in generale di fornire ai terroristi account "per diffondere propaganda estremista, raccogliere fondi e attrarre nuove reclute".

 

La tesi dell'accusa - La causa è stata intentata il 19 dicembre nella Corte federale del distretto orientale del Michigan. A sferrare l'attacco sono state le famiglie di Tevin Crosby, Javier Jorge-Reyes e Juan Ramon Guerrero, tre delle vittime della sparatoria di Orlando. "Senza Twitter, Facebook e Google (YouTube), la trasformazione dell'Isis avvenuta negli ultimi anni nel gruppo terroristico più temuto al mondo non sarebbe stata possibile", ha dichiarato Keith Altman, legale delle vittime, a Fox News. In particolare, secondo i legali delle famiglie, queste compagnie creerebbero contenuti unici grazie alla combinazione dei messaggi dell'Isis con particolari pubblicità. E di riflesso, i big della tecnologia sono accusati di condividere i profitti di queste campagne proprio con l'organizzazione terroristica.
Per convincere la corte, la tesi sostenuta dall'accusa sarà la violazione dell'Anti-Terrorism Act degli Stati Uniti. Al centro della denuncia anche l'interpretazione di quanto previsto dal Communications Decency Act (CDA) del 1996, che finora è servito a proteggere i social media da eventuali responsabilità legate ai contenuti postati sulle loro piattaforme.

 

I precedenti - L'azione delle famiglie delle vittime di Orlando non è la prima di questo tipo. Nel giugno del 2016 la famiglia di una studentessa californiana, Nohemi Gonzalez, uccisa durante l'attacco terroristico del 13 novembre 2015 a Parigi, ha fatto causa a Facebook, Google e Twitter, anche in questo caso con l'assistenza legale di Keith Altman.

 

La replica di Facebook - Da Facebook è arrivata immediata la replica alle accuse. L'azienda ha dichiarato che non c'è spazio sui propri servizi per gruppi che reclutano o supportano il terrorismo, e che un'azione veloce e precisa è necessaria per rimuovere questo tipo di contenuti, quando segnalati. "Ci impegniamo nel dare un servizio che faccia sentire le persone al sicuro quando usano Facebook," si legge in una dichiarazione ripesa da Reuters. Da Twitter nessun commento. Ad agosto la compagnia ha dichiarato di aver sospeso 360.000 account dalla metà del 2015, in quanto avevano violato le policy aziendali legate al terrorismo. Nessuna replica nemmeno da Google. Alla fine del 2016, i tre colossi hanno annunciato un'alleanza per scovare i contenuti legati al terrorismo.

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