Le cellule staminali possono "rigenerare" il cuore dopo un infarto

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Nuova scoperta dalla ricerca sulle cellule staminali, stavolta in materia di malattie cardiovascolari (Getty Images)
Staminali_Getty_Images

Una ricerca pubblicata su "Nature" dimostrerebbe che i tessuti derivati dalla pelle di un donatore sono in grado di sanare i danni provocati da un attacco cardiaco

L'alternativa al trapianto di cuore potrebbe essere nella nostra pelle. La chiave sarebbe nelle staminali, capaci di “convertirsi” in cellule muscolari cardiache. Secondo una ricerca della Shinshu university, pubblicata su "Nature", i nuovi tessuti impiantati in un cuore danneggiato da un attacco cardiaco aiuterebbero a ripristinare le funzioni dell'organo.

 

Un'alternativa al trapianto - Le nuove cellule sono riuscite a combinarsi con quelle sane e, in 12 settimane, hanno sostituito il 16% del tessuto danneggiato, aiutando così il cuore a pompare il sangue nell'organismo. Le cellule sono state prelevate dalla pelle di un donatore, scelto in base alla compatibilità genetica con il ricevente e coltivate in laboratorio prima di essere impiantate. La prospettiva sarebbe quella di prelevare le cellule dalla pelle dello stesso paziente (per ricavarne cellule muscolari cardiache), in modo da limitare o annullare il rischio di rigetto (cioè la possibilità che l'organismo rifiuti di assorbire il tessuto proveniente da un donatore).

 

Effetti collaterali da risolvere - La notizia, definita “entusiasmante” dalla comunità scientifica, è però solo il primo passo verso uno scenario del genere. Gli stessi autori della ricerca hanno sottolineato che la tecnica ha ancora bisogno di tempo per essere perfezionata. Fino ad ora, infatti, i test sono stati eseguiti su cinque macachi. E hanno mostrato un effetto collaterale: accanto alla rigenerazione dei tessuti danneggiati, i ricercatori hanno osservato un “insolito ritmo cardiaco”. Sian Harding, direttore della British heart foundation, ha sottolineato che “l'aritmia è già stata riscontata in alcuni studi precedenti, non si è mai rivelata fatale ed è spesso migliorata con il tempo”. Anche Yuji Shiba, coordinatore del team della Shinshu university, si è mostrato ottimista: “Pensiamo di poter gestire l'aritmia post-trapianto”, ha dichiarato al “Guardian”.

 

Una banca dei tessuti - Il passo verso l'applicazione clinica ovviamente non sarà breve, visti i tempi tecnici e i gli alti costi che la nuova tecnica ad oggi implicherebbe. Per abbreviare la procedura, Harding ha proposto “una banca dei tessuti” già pronti, da utilizzare in caso di attacco cardiaco.

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