Riparte il confronto tra gli inquirenti sul caso del ricercatore italiano ucciso al Cairo. Intanto emergono nuovi dettagli. La madre di Giulio: "Il suo corpo usato come una lavagna"
“Il corpo di Giulio usato come una lavagna”. Sono le parole della signora Paola, la madre di Giulio Regeni, il ricercatore italiano trovato privo di vita nel febbraio scorso al Cairo, a dare il senso dell’orrore delle torture subite da suo figlio.
Tracce lasciate sul suo corpo ed emerse dall’autopsia svolta in Italia, che la Procura di Roma ha messo a disposizione della famiglia Regeni e consegnato nell’aprile scorso ai magistrati egiziani. Davanti ai nuovi dettagli, riportati anche da Repubblica e Corriere, sembrano non esserci dubbi sulle torture subite. “Quattro, forse cinque lettere, tracciate da una lama in cinque punti diversi documentano incontrovertibilmente quello che a tutti era apparso da subito evidente. Nessun incidente”.
Vertice a Roma - Ed è anche partendo da queste prove che riparte oggi a Roma il confronto tra magistrati italiani ed egiziani che da otto mesi cercano la verità sulla morte del giovane friulano trovato privo di vita sulla strada tra la capitale egiziana ed Alessandria.
Documenti da Cambdridge - Ma le novità potrebbero arrivare dall'Inghilterra. Fonti giudiziarie affermano che nei giorni scorsi l'università di Cambridge, rispondendo ad una rogatoria, ha inviato ai pm di Roma una serie di documenti. Regeni si trovava al Cairo per svolgere una ricerca per conto dell'università inglese.
Gli incontri precedenti - Al vertice parteciperanno, per l'Italia, il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, e il sostituto Sergio Colaiocco. Per gli egiziani saranno presenti il procuratore generale, Nabil Ahmed Sadek, e il team di quattro magistrati che si occupano del caso. Obiettivo dei magistrati italiani è ripartire dall'ultimo incontro, terminato con un nulla di fatto, per arrivare a riscontri concreti su chi e come ha causato la morte di Giulio.