Violazioni diritti umani, ecco la app che aiuta a denunciare

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Raffaele Mastrolonardo

Credit: eyeWitness
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Si chiama "eyeWitness" ed è un'applicazione per smartphone che permette di realizzare video e immagini di abusi e violenze con l'obiettivo di dimostrare l'autenticità anche in un processo, garantendo la sicurezza di chi segnala i reati

Le immagini e i video realizzati da semplici utenti e diffusi su Internet sono uno strumento sempre più importante per documentare violazioni dei diritti umani e atrocità, soprattutto nei Paesi dove sono in corso conflitti. Spesso però questi materiali non possono essere utilizzati nei tribunali come prove contro gli autori dei crimini: la loro verifica è infatti troppo difficile. A provare a porre rimedio a questa situazione ci pensa eyeWitness, un'app per smartphone che promette di aiutare attivisti e semplici cittadini a produrre documenti che possono essere tenuti in considerazione anche da una giuria. Realizzata dalla International Bar Association (IBA), un'associazione internazionale di operatori giuridici, l'applicazione incorpora infatti nei video e nelle immagini alcune informazioni, come ora e data di produzione, coordinate geografiche e numero di pixel del file, che possono aiutare a stabilire l'autenticità della prova. L'obiettivo è rendere efficace l'azione di documentazione di attivisti e ordinari cittadini. “eyeWitness sarà uno strumento rivoluzionario nella lotta per i diritti umani, fornendo una soluzione al problema giuridico rappresentato dalle riprese fatte attraverso telefonini”, ha detto Mark Ellis, direttore esecutivo di IBA. “Fino ad ora era molto difficile verificare l'autenticità di queste immagini e proteggere i coraggiosi individui che le registrano”.

Il video di presentazione di eyeWitness



Sicurezza prima di tutto – Lo sviluppo dell'applicazione, disponibile per dispositivi equipaggiati con sistema operativo Android, ha richiesto quattro anni ed è stato pensato per garantire quanto più possibile l'incolumità di coloro che documentano atrocità e violenze. Innanzitutto, gli utenti possono cambiare il nome e l'icona dell'applicazione per renderne più difficile l'identificazione sul dispositivo. Analogamente, i video e le immagini non sono conservati nella gallery dello smartphone dove finiscono gli altri materiali multimediali ma in uno spazio a parte, accessibile solo tramite un codice creato dall'utente. Infine, nel caso in cui il rischio di una perquisizione o di un arresto sia imminente, il proprietario del telefinino può sempre ricorrere all'opzione “Dispose” che in soli tre passi permette la cancellazione dell'applicazione e di tutti i materiali realizzati tramite essa.

Diffusione internazionale
- Per rendere l'opera di documentazione ancora più efficace, i file realizzati grazie all'app possono essere annotati velocemente fornendo alcune informazioni (per esempio sulle vittime e sugli esecutori della violazione) e aiutare così la verifica e la comprensione del contesto. I contenuti realizzati attraverso l'app sono inviati ai server gestiti dal progetto e la versione originale, crittografata, dei documenti viene conservata offline per ragioni di sicurezza. Una volta analizzati e accertato che effettivamente sono state commesse atrocità, una squadra legale si preoccupa di sollecitare autorità internazionali, nazionali e locali affinché gli esecutori dei crimini siano identificati e portati davanti alla giustizia.

Tra cronaca e bufala – Come ha dimostrato l'attività del blogger Brown Moses, diventato un'autorità sulla guerra in Siria grazie all'analisi dei materiali trovati online, o una recente indagine che rivela la presenza russa in Ucraina utilizzando contenuti disponibili sul web, immagini e video diffuse in Rete sono ormai imprescindibili strumenti di analisi, informazione e denuncia. Allo stesso tempo, però, il rischio di bufale ed errori è sempre dietro l'angolo. Lo scorso novembre migliaia di utenti in rete (e pure alcuni media tradizionali) sono stati tratti in inganno da un video che mostrava un ragazzino, presentato come siriano, salvare una bimba dal fuoco dei cecchini fingendosi più volte colpito. La clip, si è scoperto dopo qualche giorno, era stata in realtà girata a Malta e faceva parte di un 'iniziativa norvegese che avrebbe voluto stimolare il dibattito sulla condizione dei minori nelle zone di guerra. Analogamente, la toccante immagine di un presunto bambino siriano che dormiva tra le tombe dei genitori diffusa nel gennaio 2014 si è rivelata parte di un progetto artistico di un fotografo saudita. Più recentemente, come mostrato dal sito dell'emittente inglese BBC, alcune foto circolate in rete sulla condizione del gruppo etnico Rohingya in Birmania erano in realtà inautentiche. Alcune, per esempio, erano state scattate dopo un terremoto che ha colpito la Cina nel 2010.

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