Israele, dopo il voto resta il gelo con gli Stati Uniti

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Liliana Faccioli Pintozzi

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Barack Obama non ha (ancora) chiamato Netanyahu per congratularsi per la vittoria. E la Casa Bianca avverte: "Nessun impatto sui negoziati con l'Iran, valuteremo il nostro approccio al processo di pace in M.O.". Ban Ki Moon: "Continuare negoziati di pace"

Le congratulazioni, alla fine, sono arrivate. Ma per il momento Benjamin Netanyahu si deve accontentare di quelle di John Kerry: Barack Obama, fa sapere la Casa Bianca, lo chiamerà “nei prossimi giorni”. Nulla di strano, mette le mani avanti il suo portavoce; nulla di diverso rispetto alle due elezioni passate, quando l’israeliano aveva ricevuto la chiamata dell’americano solo dopo aver ottenuto l’incarico di formare il governo.

Rapporti tesi tra Obama e Netanyahu - Ma tra i due i rapporti non sono dei più facili, a livello personale e a livello politico: dalla politica degli insediamenti alla guerra di Gaza passando per il negoziato in corso con l’Iran sul dossier nucleare, pomo della discordia delle ultime settimane, basti ricordare lo sgarro rappresentato dall’intervento di Netanyahu a Capitol Hill; così, ogni gesto viene passato al microscopio.
Tanto che il portavoce di Obama aveva ritenuto necessario sottolineare, a risultati ancora incerti, “il Presidente è pronto a lavorare molto da vicino con il vincitore per rafforzare ulteriormente le forti relazioni tra Stati Uniti ed Israele; ed è fiducioso di poterlo fare con chiunque sarà scelto dal popolo"; per poi più tardi comunque sottolineare: “aspettiamo la formazione di un governo di coalizione”.
Perché Bibi, che pure ha certamente vinto, non potrà governare da solo, né con il supporto esclusivo della destra religiosa o radicale. Dovrà guardare al centro, e la linea del suo esecutivo dovrà tenerne conto.

Casa Bianca rilancia sulla soluzione di due stati
- Intanto però Washington avverte: “la vittoria di Netanyahu non avrà alcun impatto sostanziale sui negoziati con l'Iran”; e soprattutto il portavoce di Obama scandisce: il Presidente crede nella soluzione due stati per due popoli. La marcia indietro di Netanyahu su questo punto è la vera preoccupazione; “valuteremo il nostro approccio al processo di pace in Medio Oriente alla luce di questa dichiarazione” il commento caustico della Casa Bianca. Che aspetta di capire se Bibi manterrà il punto, e che poi rilancia: “siamo profondamente preoccupati dalla retorica che attacca i cittadini arabo-israeliani e cerca di emarginarli; indebolisce quei valori ed ideali democratici che sono parte importante di quello che unisce i nostri due paesi, e questa preoccupazione la comunicheremo direttamente ad Israele”.

Ban Ki Moon: "Qualunque governo continui i negoziati"
- Ma il futuro del processo di pace preoccupa non solo Washington. Dal Palazzo di Vetro, a New York, Ban Ki Moon va al cuore del problema: sono “fermamente convinto” dice il Segretario Generale delle Nazioni Unite che l’adesione di Israele al processo di pace  “è l’unica via per cui possa rimanere uno Stato democratico”.  "Ci aspettiamo che qualsiasi governo continui i negoziati per realizzare la visione dei due stati” aveva detto poco prima il suo portavoce.

Reazioni dei probabili candidati presidenziali Usa 2016 - Le elezioni in Israele sono state anche un banco di prova per gli aspiranti sfidanti alla Casa Bianca nel 2016. Con una divisione partitica estremamente netta. Silenzio in campo democratico, con  Hillary Rodham Clinton che non si è ancora espressa; entusiasmo abbastanza diffuso per la vittoria di Benjamin Netanyahu invece in campo repubblicano. Qui di  seguito i tweet di alcuni dei candidati più probabili.









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