Dopo Twitter anche Wikipedia contro la Nsa

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Raffaele Mastrolonardo

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Cinque mesi dopo il sito di microblogging, l'enciclopedia online più popolare del web ha sporto denuncia contro il governo Usa: la sorveglianza, dicono, mette a rischio il lavoro dei volontari. Nella causa anche Amnesty International

Lo scandalo della sorveglianza elettronica di massa rivelato dall'ex dipendente della Cia Edward Snowden continua a creare problemi al governo degli Stati Uniti. E non si stratta solo di alleati infastiditi dallo spionaggio tecnologico portato avanti dagli americani ma anche di aziende e istituzioni del web che possono contare su centinaia di milioni di utenti in tutto il mondo e che decidono di passare alle vie legali. Cinque mesi fa fu il caso di Twitter, ora è il turno di Wikipedia, uno dei siti più visitati del pianeta. L'enciclopedia online – o più precisamente la fondazione che la gestisce, Wikimedia – ha infatti annunciato di avere deciso di portare in tribunale nientemeno che la National Security Agency (NSA), l'agenzia governativa che, fra le altre cose, coordina le attività di spionaggio tecnologico scoperte nell'ambito del cosiddetto datagate. Il sito diventato sinonimo di collaborazione dal basso e un gruppo di organizzazioni tra cui Amnesty Internatonal Usa e Human Rights Watch, ha presentato una denuncia presso la corte distrettuale del Maryland, dove si trova il quartier generale della NSA. Oggetto della causa sono quei sistemi di monitoraggio (tecnicamente chiamati “upstream”) messi a punto dal governo degli Stati Uniti per raccogliere ed esaminare le comunicazioni provenienti dall'estero che transitano sulle dorsali Internet sul territorio americano. In virtù di questa attività milioni di messaggi di testo, video e immagini scambiati da cittadini Usa con il resto del mondo finiscono sotto l'occhio elettronico dell'agenzia. Secondo Wikipedia e gli altri soggetti che la accompagnano in questa battaglia, in questo modo si violano diritti sanciti dalla Costituzione nel primo e nel quarto emendamento: ovvero quello alla privacy e alla libertà di espressione e associazione.

Volontari a rischio - Il senso della mossa dell'enciclopedia online è stato sintetizzato dal suo fondatore, Jimmy Wales, in un editoriale per il quotidiano New York Times dove afferma di voler difendere uno dei pilastri della democrazia, ovvero il libero scambio di idee e opinioni. A metterlo in pericolo sarebbero proprio i programmi di sorveglianza che fanno incetta di dati direttamente dalle cosiddette dorsali, quell'insieme di cavi in fibra ottica e apparati di comunicazione che collegano la Rete Usa a quella globale. In questo modo, si legge nella denuncia, è assai probabile che nelle maglie dell'intelligence finiscano anche le comunicazioni private dei 75 mila volontari che, negli Stati Uniti e in tutto il mondo, scrivono e correggono le voci dell'enciclopedia e assicurano il funzionamento del sito. Alcuni di questi scambi, ospitati sui server americani, riguardano temi sensibili come la rivolta di Piazza Tienanmen o i diritti degli omosessuali, argomento che in alcuni Paesi può essere pericoloso affrontare. Per questa ragione alcuni degli utenti preferiscono restare anonimi. Il problema, scrive Wales, è che “il loro anonimato non è per nulla una cosa certa dal momento che la sorveglianza della NSA intercetta e analizza praticamente tutto il traffico di testo che scorre all'interno del 'backbone' dentro il territorio degli Stati Uniti”. Gli accusatori chiedono alla corte di dichiarare la raccolta di informazione dalle dorsali internet illegale, di impedire al governo di monitorare le loro conversazioni e di imporre la cancellazione  di qualsiasi loro comunicazione che sia stata archiviata sui sever governativi.

Sorveglianza illegale – Quelle di Wikipedia non sarebbero solo supposizioni o timori. A confermare i sospetti dell'enciclopedia ci sono le stesse slide della NSA rivelate da Snowden. In una di queste, riportata anche nel documento che dà il via alla causa, compare il logo dell'organizzazione insieme a quello di altri grandi nomi del web, tra cui Facebook, Google e Yahoo. Le immagini sono accompagnate da un testo significativo: “Perché interessarsi all'Http (il protocollo che consente lo scambio di dati sul Web, ndr)? Perché quasi tutto quello che un utente medio fa su Internet usa l'Http”. Quella di Wikimedia non è la la prima causa intentata da un colosso della rete nei confronti del governo degli Stati Uniti. Lo scorso ottobre una mossa analoga era stata portata avanti da Twitter. Il sito di microblogging ha richiesto di poter rendere conto al pubblico in modo più completo delle richieste di informazioni sui suoi utenti che arrivano dalle autorità americane in relazione a indagini che hanno a che fare con la sicurezza nazionale. Secondo Twitter, le restrizioni imposte su queste comunicazioni violano la libertà di espressione sancita dal primo emendamento della Costituzione.

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