Un bimbo salva una coetanea dai cecchini. Una clip, falsa, vista da milioni di persone. Il regista si è scusato ma la discussione sui danni che un'operazione simile può portare all'attività di documentazione da zone di conflitti non si placa
Il falso video
Il “dietro le quinte”
Storia di un falso - Il mea culpa di Klevberg arriva dopo le polemiche innescate la scorsa settimana dall'ammissione che le immagini, che hanno raccolto milioni di visualizzazioni su YouTube e sono state riprese da molte testate giornalistiche, erano false. Il video, che è stato finanziato dal Norwegian Film Institute e dall'Arts Council Norway, è stato girato a Malta la scorsa estate. L'idea, a detta del regista e dei suoi collaboratori, era di presentarlo come reale e stimolare il dibattito sulla situazione dei bambini in aree dove sono in corso guerre. La discussione, invece, si è concentrata sui danni che operazioni simili possono provocare alla difficile opera di documentazione da luoghi come Siria o Iraq. “Abbiamo un grande rispetto per i giornalisti e le organizzazioni umanitarie che lavorano in aree di conflitto e non è mai stata nostra intenzione diminuire la loro credibilità in quanto fonti affidabili di informazioni vitali”, ha detto infine il regista.
We had the the best intentions at heart. pic.twitter.com/OBllglwLDG
— Lars Klevberg (@LarsKlevberg) November 19, 2014
Dalle condanne alle scuse - Il video, pubblicato online il 10 novembre scorso, è stato condiviso anche da Shaam Network, un canale YouTube dedicato al Medio Oriente,ed è diventato virale in pochi giorni. Gli screenshot che mostrano il ragazzino impegnato a salvare la bimba sono arrivati anche sulla prima pagina del quotidiano americano New York Post. Dopo una simile popolarità, la rivelazione dell'inautenticità del documento, che secondo la BBC è costato 280 mila corone norvegesi (circa 33 mila euro), non è stata presa bene dagli utenti dei social network e dai giornalisti. In molti, in particolare, hanno fatto notare a Klevberg che la sua trovata rischia di danneggiare gli sforzi di chi cerca di raccontare la verità su quanto accade in quelle zone. “Ci sono migliaia di video dalla Siria che mostrano persone reali compiere atti eroici veri, e ora saranno messi in discussione grazie al video norvegese”, ha scritto qualcuno su Twitter. Secondo Fred Abrahams dell'organizzazione Human Rights Watch, la clip “erode la fiducia del pubblico nel giornalismo di guerra”. Un gruppo di reporter, film-maker ed esperti di Medio Oriente è arrivato a firmare una lettera di critica verso l'operazione. “Distribuire un film costruito a tavolino come fossero immagini reali è avventato e irresponsabile. In questo modo si sminuisce la vera sofferenza dei bambini siriani e il serio lavoro fatto dall'interno della Siria sia da giornalisti improvvisati che da professionisti”, si legge nella lettera.
The @nypost ran an unconfirmed story on its front page that turned out to be a staged event. http://t.co/Rrfq2k9LoI … pic.twitter.com/M2pxgiWN6I
— ANIMALNewYork (@ANIMALNewYork) November 15, 2014
@LarsKlevberg absolutely idiotic.
— Brian Whelan (@brianwhelanhack) November 14, 2014
@LarsKlevberg the only reaction you achieve is that there will be even more mistrust in footage coming out of Syria.
— Carsten Stormer (@CarstenStormer) November 15, 2014
There are 1000s of videos from Syria of real people doing real heroic things, now all will be called into question thanks to Norwegian vid.
— Nader (@DarthNader) November 15, 2014
Fonti necessarie - A seguito delle molte prese di posizione contrarie, Klevberg, che aveva inizialmente difeso l'iniziativa, ha fatto infine marcia indietro. Il regista norvegese si è anche assunto la responsabilità di non avere accolto l'invito del Norwegian Film Institute di informare sulla natura del video prima di quanto sia stato effettivamente fatto. Lo stesso istituto si è detto “rammaricato” per “l'impatto” della vicenda. La pubblicazione della falsa clip avviene in un contesto in cui le testimonianze amatoriali sono spesso una delle poche fonti di informazione su quanto avviene sul campo in Siria o Iraq. Simili materiali sono stati utilizzati dai governi di Stati Uniti e Regno Unito in relazione all'uso di armi chimiche da parte del regime di Assad. Il blogger Elliot Higgins, uno dei firmatari della lettera contro Klevberg, è diventato famoso per le sue analisi di riprese dal basso che hanno portato a scoperte sul traffico di armi utilizzate nel conflitto siriano e, più recentemente, ad avanzare ipotesi plausibili sul luogo in cui l'Isis ha decapitato il giornalista americano James Floey.
Il falso dietro l'angolo - Ma l'accertamento dell'autenticità di queste fonti è complesso e l'errore e la falsificazione deliberata sono spesso dietro l'angolo. Come in questo video trasmesso anche dalla televisione di stato siriana, in cui un sedicente abitante di Homs accusa l'emittente al Jazeera di diffondere notizie errate sui bombardamenti della città. L'autore della supposta opera di smascheramento mostra le immagini di distruzione trasmesse dal canale satellitare e poi la calma che invece si potrebbe, secondo lui, osservare dalla sua finestra. La posizione dell'uomo è stata però in seguito identificata in Damasco e non ad Homs.
Analogamente questo video, presentato come una denuncia nei confronti dell'esercito siriano intento a picchiare manifestanti legati, si è rivelato in seguito essere stato girato anni prima in Libano. Insomma, in un contesto facilmente inquinabile e di difficile accertamento come quello delle informazioni dal basso aggiungere rumore ulteriori elementi di disturbo è pericoloso. Anche se viene fatto con le migliori intenzioni.