Datagate, il Senato Usa blocca la riforma della Nsa

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La sede della National Security Administration (NSA) in un'immagine d'archivio
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Il testo che prevede la fine della raccolta automatica di dati dalle chiamate telefoniche degli americani non ha superato il voto procedurale per l'avvio della discussione. A votare contro quasi tutti i repubblicani

Il Senato americano blocca la riforma della National Security Agency, al centro dello scandalo del Datagate. Il testo, chiamato U.S.A. Freedom Act, prevedeva la fine della raccolta automatica di dati dalle chiamate telefoniche degli americani, ma non ha superato il voto procedurale del Senato per l'avvio della discussione.

Voto contrario dei repubblicani - La misura non ha incassato i 60 voti necessari per l'avvio del dibattito per soli due voti. A votare contro quasi tutti i repubblicani, contrari a rivedere in modo radicale i poteri dell'agenzia. Il no rinvia al prossimo anno il dibattito sulla riforma, che si è impantanata sul Patriot Act che puntava a rinnovare e modificare. Il Patriot Act è la controversa legge anti-terrorismo approvata d'urgenza dopo l'11 settembre che estende di fatto i poteri d'intervento dell'intelligence e dell'autorità giudiziaria nella vita privata dei cittadini, autorizzando controlli estesi a tutti i livelli.

Da gennaio riforma sarà ancora più difficile
- Il voto appare destinato a mettere a rischio la sopravvivenza della riforma dal momento che sono le ultime settimane in cui i democratici hanno il controllo del Senato, dopo la vittoria elettorale repubblicana dello scorso 4 novembre. Da gennaio infatti il Grand Old  Party avrà il controllo dell'intero Congresso e sarà quindi ancora più difficile che la riforma possa essere approvata. Anche  perché, sottolineano gli esperti, negli ultimi mesi vi è stato un cambiamento nell'opinione pubblica americana, con l'aumentare delle preoccupazioni e delle paure per un eventuale attacco terroristico  provocate dall'ascesa dello Stato Islamico.

I democratici non si arrendono - Patrick Leahy, il democratico che fino alla fine del mese guiderà la commissione Giustizia della Camera e che è uno dei firmatari della riforma, ha comunque affermato che non intende "rinunciare alla lotta" per farla approvare, non escludendo di poter tentare di nuovo un passaggio in aula nelle prossime settimane.

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