La donna, in un primo test effettuato, non mostra più la presenza del virus nel sangue. Dovrà comunque restare in osservazione per almeno tre settimane. Intanto l’Oms si fa un duro esame di coscienza e ammette gli errori commessi in Africa
L'infermiera spagnola Teresa Romero, colpita dall'Ebola, non mostra più presenza del virus nel sangue. Una buona notizia sul fronte della lotta alla malattia, che giunge nel giorno in cui l'Organizzazione mondiale della Sanità ha ammesso errori e miopia nell'affrontare l'emergenza. Secondo fonti dell'ospedale Carlos III di Madrid, un test volto a individuare il virus praticato oggi sulla donna, 44 anni, ricoverata dal 6 ottobre, è risultato negativo. Tuttavia la cautela è d'obbligo. Se anche un secondo test darà risultato negativo, il caso potrà dichiararsi praticamente chiuso, ma non per questo la paziente potrà essere dichiarata guarita e dimessa. Romero ha infatti una grave infezione ai polmoni e solo tre giorni fa ha ricominciato a mangiare. La donna, dicono i sanitari citati dai quotidiani spagnoli, dovrà restare in osservazione per altre tre settimane per esser certi che non si riprenda l'Ebola (il virus ha un'incubazione che dura 21 giorni) e solo se l'infezione non si riprodurrà potrà esser dichiarata guarita.
Intanto, l'Oms si fa un duro esame di coscienza. Staff incompetente, nomine politiche in Africa e burocrazia. Un mix 'fatale' che ha impedito all'Organizzazione di cogliere la "tempesta perfetta che stava arrivando". E' un documento interno all'Oms trapelato alla stampa a gettare ombre e alimentare dubbi sulla risposta a livello internazionale al virus dell'Ebola, che - denuncia la ong Oxfam - può diventare "disastro umanitario della nostra generazione". Una risposta non adeguata anche negli Stati Uniti, dove l'ospedale di Dallas del 'paziente zero' fa anch'esso mea culpa: in una lettera aperta chiede scusa, ammette carenze e si impegna a standard più rigidi. "Nonostante le migliori intenzioni non siamo riusciti a rispettare gli elevati standard che sono il fulcro della storia dell'ospedale e della sua missione" scrive Barclays Berdan, l'amministratore delegato di Texas Health Resources, la società no profit alla quale fa capo il Texas Health Presbyterian Hospital.
Domani si riuniscono i ministri degli esteri europei.
Intanto, l'Oms si fa un duro esame di coscienza. Staff incompetente, nomine politiche in Africa e burocrazia. Un mix 'fatale' che ha impedito all'Organizzazione di cogliere la "tempesta perfetta che stava arrivando". E' un documento interno all'Oms trapelato alla stampa a gettare ombre e alimentare dubbi sulla risposta a livello internazionale al virus dell'Ebola, che - denuncia la ong Oxfam - può diventare "disastro umanitario della nostra generazione". Una risposta non adeguata anche negli Stati Uniti, dove l'ospedale di Dallas del 'paziente zero' fa anch'esso mea culpa: in una lettera aperta chiede scusa, ammette carenze e si impegna a standard più rigidi. "Nonostante le migliori intenzioni non siamo riusciti a rispettare gli elevati standard che sono il fulcro della storia dell'ospedale e della sua missione" scrive Barclays Berdan, l'amministratore delegato di Texas Health Resources, la società no profit alla quale fa capo il Texas Health Presbyterian Hospital.
Domani si riuniscono i ministri degli esteri europei.