È di nuovo guerra nella Striscia. Dopo il fallimento della mediazione egiziana, razzi e raid sono ripresi provocando altre vittime. Tra queste ci sarebbe un leader della fazione islamista, che nega e avverte: compagnie stiano lontane da scalo Tel Aviv
A Gaza è tornata la guerra: razzi e raid si sono susseguiti a poco più di un giorno dalla fine del cessate il fuoco che ha visto il fallimento della mediazione egiziana (TUTTE LE FOTO - I VIDEO). E Hamas è tornata a minacciare l'aeroporto Ben Gurion: le compagnie aeree straniere, avverte, si tengano lontane dallo scalo di Tel Aviv da giovedì mattina. Minaccia alla quale le compagnie rispondono: continueremo a volare su Tel Aviv.
Giallo sull’uccisione di un leader di Hamas - Secondo il portavoce militare i razzi nel sud di Israele (ma anche nella zona centrale del Paese, compresa Tel Aviv) sono stati 175 (3.700 da inizio crisi), mentre i raid di risposta dell'aviazione israeliana hanno fatto, secondo fonti palestinesi, circa 22 morti e 100 feriti nella Striscia. Tra questi non si sa ancora con certezza se ci sia Mohammed Deif, capo indiscusso dell'ala militare di Hamas e vero padrone - secondo molti analisti - della situazione a Gaza: da lui dipende il lancio dei razzi o il loro stop. Israele in un attacco mirato ha cercato di eliminarlo - come già altre volte ha tentato in passato - ma per ora di certo c'è che nel bombardamento della sua abitazione sono rimasti uccisi la moglie e suo figlio Alì di pochi mesi. L'emittente tv Fox News, citando una fonte anonima israeliana, ha sostenuto che Deif è morto. Hamas, invece, ha negato decisamente. “È vivo e combatte”, ha affermato dalla Striscia Abu Obeida, portavoce dell'ala militare della fazione islamica, aggiungendo che Deif “sarà alla guida dell'esercito che libererà Gerusalemme”.
Le minacce alle compagnie aeree straniere - Hamas ha anche minacciato le compagnie aeree internazionali - come fece lo scorso mese - a non volare, a partire da giovedì mattina alle 6 (le 5 in Italia) sull’aeroporto Ben Gurion, che considera un obiettivo. Il premier Benyamin Netanyahu – che ha riunito per l'ennesima volta il gabinetto di sicurezza - ha ribattuto che la fazione islamica ha subito il “colpo più forte dalla sua fondazione” e ha precisato che a Gaza l'esercito ha ucciso “molte centinaia di terroristi”, rifiutando però di fare alcuna menzione alla sorte di Deif. Netanyahu non ha nascosto che l'operazione “Margine protettivo” non è finita e che sarà “una campagna continua. La lotta contro il terrorismo durerà anni”.
Trattative in stallo - La situazione sul campo sembra così essere tornata esattamente a quella pre-Cairo, dove sembrano andate in fumo le trattative. Il ministero degli Esteri egiziano, però, ha rivolto un altro appello alle parti a tornare al tavolo negoziale mediato. Ma nella capitale egiziana non c'è più nessuna delegazione: né palestinese né israeliana. Nel rimpallarsi le responsabilità della rottura, Hamas (e anche la Lega Araba) ha accusato Israele di non aver preso seriamente i colloqui e di aver usato i razzi come “una scusa” in “una decisione pianificata”. Poi - dopo aver sottolineato che il lancio di razzi denunciato da Israele durante la tregua “non è avvenuto”- ha sottolineato che l'iniziativa egiziana per una tregua a Gaza “è nata morta ed è stata sepolta assieme con Alì”, il figlio di Deif. Ma sembrano esserci state anche altre influenze: il giornale panarabo Al Hayat (considerato vicino ai sauditi) ha ipotizzato che il “Qatar voglia sedere al tavolo negoziale indiretto tra israeliani e palestinesi” ed avrebbe “minacciato” Khaled Meshaal, capo di Hamas in esilio a Doha, di “espulsione” se avesse accettato l'intesa mediata dall'Egitto. A Doha, tra l'altro, è arrivato il leader palestinese Abu Mazen per incontrare sia l'emiro sia Meshaal. Poi dovrebbe volare al Cairo dove sabato vedrà il presidente Sisi. Ma - secondo molti analisti - la situazione sembra aver imboccato per ora una strada senza uscita immediata.
Giallo sull’uccisione di un leader di Hamas - Secondo il portavoce militare i razzi nel sud di Israele (ma anche nella zona centrale del Paese, compresa Tel Aviv) sono stati 175 (3.700 da inizio crisi), mentre i raid di risposta dell'aviazione israeliana hanno fatto, secondo fonti palestinesi, circa 22 morti e 100 feriti nella Striscia. Tra questi non si sa ancora con certezza se ci sia Mohammed Deif, capo indiscusso dell'ala militare di Hamas e vero padrone - secondo molti analisti - della situazione a Gaza: da lui dipende il lancio dei razzi o il loro stop. Israele in un attacco mirato ha cercato di eliminarlo - come già altre volte ha tentato in passato - ma per ora di certo c'è che nel bombardamento della sua abitazione sono rimasti uccisi la moglie e suo figlio Alì di pochi mesi. L'emittente tv Fox News, citando una fonte anonima israeliana, ha sostenuto che Deif è morto. Hamas, invece, ha negato decisamente. “È vivo e combatte”, ha affermato dalla Striscia Abu Obeida, portavoce dell'ala militare della fazione islamica, aggiungendo che Deif “sarà alla guida dell'esercito che libererà Gerusalemme”.
Le minacce alle compagnie aeree straniere - Hamas ha anche minacciato le compagnie aeree internazionali - come fece lo scorso mese - a non volare, a partire da giovedì mattina alle 6 (le 5 in Italia) sull’aeroporto Ben Gurion, che considera un obiettivo. Il premier Benyamin Netanyahu – che ha riunito per l'ennesima volta il gabinetto di sicurezza - ha ribattuto che la fazione islamica ha subito il “colpo più forte dalla sua fondazione” e ha precisato che a Gaza l'esercito ha ucciso “molte centinaia di terroristi”, rifiutando però di fare alcuna menzione alla sorte di Deif. Netanyahu non ha nascosto che l'operazione “Margine protettivo” non è finita e che sarà “una campagna continua. La lotta contro il terrorismo durerà anni”.
Trattative in stallo - La situazione sul campo sembra così essere tornata esattamente a quella pre-Cairo, dove sembrano andate in fumo le trattative. Il ministero degli Esteri egiziano, però, ha rivolto un altro appello alle parti a tornare al tavolo negoziale mediato. Ma nella capitale egiziana non c'è più nessuna delegazione: né palestinese né israeliana. Nel rimpallarsi le responsabilità della rottura, Hamas (e anche la Lega Araba) ha accusato Israele di non aver preso seriamente i colloqui e di aver usato i razzi come “una scusa” in “una decisione pianificata”. Poi - dopo aver sottolineato che il lancio di razzi denunciato da Israele durante la tregua “non è avvenuto”- ha sottolineato che l'iniziativa egiziana per una tregua a Gaza “è nata morta ed è stata sepolta assieme con Alì”, il figlio di Deif. Ma sembrano esserci state anche altre influenze: il giornale panarabo Al Hayat (considerato vicino ai sauditi) ha ipotizzato che il “Qatar voglia sedere al tavolo negoziale indiretto tra israeliani e palestinesi” ed avrebbe “minacciato” Khaled Meshaal, capo di Hamas in esilio a Doha, di “espulsione” se avesse accettato l'intesa mediata dall'Egitto. A Doha, tra l'altro, è arrivato il leader palestinese Abu Mazen per incontrare sia l'emiro sia Meshaal. Poi dovrebbe volare al Cairo dove sabato vedrà il presidente Sisi. Ma - secondo molti analisti - la situazione sembra aver imboccato per ora una strada senza uscita immediata.