L'associazione Italians For Darfur fa sapere: "Scongiurare la condanna a morte è possibile". La 26enne, incinta, è stata condannata all'impiccagione perché accusata di aver rinnegato la fede musulmana per quella crisitana. VIDEO
Si riaccende la speranza per la sorte di Meriam Yahia Ibrahim, la 26enne sudanese incinta condannata a morte perché accusata di aver abbandonato la fede musulmana per quella cristiana.
Secondo Antonella Napoli, presidente di Italians For Darfur "Meriam avrà un nuovo processo, sarà la Corte suprema ad affrontare il suo caso" e "scongiurare la condanna a morte è possibile". Napoli riferisce così le rassicurazioni di alcuni avvocati raccolte da Khalid Omer Yousif della Ong Sudan Change Now.
Il presidente del Consiglio nazionale: "Condanna di primo grado" - La sentenza di morte emessa da un tribunale di Khartum nei confronti della donna costituisce "una condanna di primo grado nell'ambito di un processo che avrà tutte le sue tappe giudiziarie, fino alla Corte Costituzionale" ha spiegato, in 'unintervista radifionica, anche il presidente del Consiglio Nazionale (parlamento) sudanese, Al-Fateh Ezzedin.
Secondo Ezzedin, l'attenzione dei media internazionali per il caso della donna sudanese, "che è esclusivamente in mano alla magistratura, mira a danneggiare la reputazione del Paese e del suo sistema giudiziario".
La mobilitazione internazionale - Il caso di Meriam ha scatenato una mobilitazione internazionale di cui si è fatto portavoce in Italia anche il quotidiano Avvenire (con l'hashtag #meriamdevevivere) e a cui ha aderito, con un tweet, anche il premier Renzi.
Il marito alla Cnn: "Non so cosa fare" - La Cnn ha intervistato il marito della donna, nelle ore successive alla sentenza: “Sono frustrato, non so cosa fare, se non pregare” ha detto l’uomo in collegamento telefonico con l’emittente televisiva.
Secondo Antonella Napoli, presidente di Italians For Darfur "Meriam avrà un nuovo processo, sarà la Corte suprema ad affrontare il suo caso" e "scongiurare la condanna a morte è possibile". Napoli riferisce così le rassicurazioni di alcuni avvocati raccolte da Khalid Omer Yousif della Ong Sudan Change Now.
Il presidente del Consiglio nazionale: "Condanna di primo grado" - La sentenza di morte emessa da un tribunale di Khartum nei confronti della donna costituisce "una condanna di primo grado nell'ambito di un processo che avrà tutte le sue tappe giudiziarie, fino alla Corte Costituzionale" ha spiegato, in 'unintervista radifionica, anche il presidente del Consiglio Nazionale (parlamento) sudanese, Al-Fateh Ezzedin.
Secondo Ezzedin, l'attenzione dei media internazionali per il caso della donna sudanese, "che è esclusivamente in mano alla magistratura, mira a danneggiare la reputazione del Paese e del suo sistema giudiziario".
La mobilitazione internazionale - Il caso di Meriam ha scatenato una mobilitazione internazionale di cui si è fatto portavoce in Italia anche il quotidiano Avvenire (con l'hashtag #meriamdevevivere) e a cui ha aderito, con un tweet, anche il premier Renzi.
Il marito alla Cnn: "Non so cosa fare" - La Cnn ha intervistato il marito della donna, nelle ore successive alla sentenza: “Sono frustrato, non so cosa fare, se non pregare” ha detto l’uomo in collegamento telefonico con l’emittente televisiva.