Secondo i giudici di Bruxelles, i motori di ricerca devono intervenire per assicurare il diritto anche su siti non controllati da loro ma che nei loro risultati compaiono, rimuovendo le tracce della persona che vuole essere 'dimenticata'
Decisione senza precedenti della Corte di Giustizia europea, che ha riconosciuto che i motori di ricerca sono responsabili "del trattamento dei dati personali ch eappaiono su pagine web pubblicate da terzi". La corte ha quindi stabilito che Google, su richiesta degli utenti, deve a cancellare i risultati di ricerca a patto che siano "irrilevanti" o datati. Il "diritto a essere dimenticati", secondo la Corte, sussiste quando le informazioni presenti sul motore di ricerca sono "inadeguate, irrilevanti o non più pertinenti", oppure legate a un episodio di molto tempo prima. La Corte ha tuttavia riconosciuto l'eccezione dell'interesse pubblico di un'informazione.
La sentenza della Corte di Giustizia Ue ridà fiducia ai difensori della privacy che vorrebbero proteggere i cittadini dall'invadenza di Internet, e preoccupa l'industria del web, che vede in arrivo costosi interventi per far fronte alle potenziali richieste di 'oblio' di oltre 500 milioni di cittadini europei.
Il caso - La Corte si è pronunciata su un caso che riguardava Google in Spagna: nel 2009 Mario Costeja, avvocato, si rese conto che cercando sul motore di ricerca il suo nome veniva fuori una nota legale del 1998 pubblicata sul sito del quotidiano La Vanguardia che elencava i suoi debiti dell'epoca, situazione legale che si era risolta da molto tempo.
Quando La Vanguardia si rifiutò di rimuovere le informazioni, e Google si rifiutò di far sparire i link, Costeja si rivolse all'Agenzia spagnola di protezione dati che impose a Google di cancellare il link e non disse nulla al quotidiano.
Google fece ricorso, e nonostante l'anno scorso l'avvocato generale della Corte avesse dato ragione all'azienda di Mountain View, la Corte ha ribaltato quel parere (che non e' mai vincolante).
Mountain View: "Decisione deludente" -La decisione della Corte ha colto di sorpresa il colosso della ricerca web: "Si tratta di una decisione deludente per i motori di ricerca e per gli editori online in generale. Siamo molto sorpresi che differisca così drasticamente dall'opinione espressa dall'avvocato generale Ue e da tutti gli avvertimenti e le conseguenze che lui aveva evidenziato. Adesso abbiamo bisogno di tempo per analizzarne le implicazioni", ha detto un portavoce.
La commissaria alla Giustizia: "Una vittoria" - La sentenza apre infatti uno scenario inedito: oltre 500 milioni di cittadini dei 28 Paesi europei avranno il diritto di chiedere a Google la rimozione di link considerati datati, anche se sono contenuti legali e restano online sul sito che li ha pubblicati, attribuendo di fatto ai motori di ricerca il ruolo di decidere quale diritto deve prevalere tra diritto alla privacy, alla libertà di espressione o l'interesse pubblico di accedere all'informazione.
Di vittoria parla invece chi, come la commissaria alla Giustizia Viviane Reding, in Europa si batte per regole sulla privacy più stringenti, che mettano un freno ai comportamenti ritenuti 'spregiudicati' di Google e Facebook.
La sentenza della Corte di Giustizia Ue ridà fiducia ai difensori della privacy che vorrebbero proteggere i cittadini dall'invadenza di Internet, e preoccupa l'industria del web, che vede in arrivo costosi interventi per far fronte alle potenziali richieste di 'oblio' di oltre 500 milioni di cittadini europei.
Il caso - La Corte si è pronunciata su un caso che riguardava Google in Spagna: nel 2009 Mario Costeja, avvocato, si rese conto che cercando sul motore di ricerca il suo nome veniva fuori una nota legale del 1998 pubblicata sul sito del quotidiano La Vanguardia che elencava i suoi debiti dell'epoca, situazione legale che si era risolta da molto tempo.
Quando La Vanguardia si rifiutò di rimuovere le informazioni, e Google si rifiutò di far sparire i link, Costeja si rivolse all'Agenzia spagnola di protezione dati che impose a Google di cancellare il link e non disse nulla al quotidiano.
Google fece ricorso, e nonostante l'anno scorso l'avvocato generale della Corte avesse dato ragione all'azienda di Mountain View, la Corte ha ribaltato quel parere (che non e' mai vincolante).
Mountain View: "Decisione deludente" -La decisione della Corte ha colto di sorpresa il colosso della ricerca web: "Si tratta di una decisione deludente per i motori di ricerca e per gli editori online in generale. Siamo molto sorpresi che differisca così drasticamente dall'opinione espressa dall'avvocato generale Ue e da tutti gli avvertimenti e le conseguenze che lui aveva evidenziato. Adesso abbiamo bisogno di tempo per analizzarne le implicazioni", ha detto un portavoce.
La commissaria alla Giustizia: "Una vittoria" - La sentenza apre infatti uno scenario inedito: oltre 500 milioni di cittadini dei 28 Paesi europei avranno il diritto di chiedere a Google la rimozione di link considerati datati, anche se sono contenuti legali e restano online sul sito che li ha pubblicati, attribuendo di fatto ai motori di ricerca il ruolo di decidere quale diritto deve prevalere tra diritto alla privacy, alla libertà di espressione o l'interesse pubblico di accedere all'informazione.
Di vittoria parla invece chi, come la commissaria alla Giustizia Viviane Reding, in Europa si batte per regole sulla privacy più stringenti, che mettano un freno ai comportamenti ritenuti 'spregiudicati' di Google e Facebook.